Questa la domanda da cui Philip Zimbardo -una leggenda della psicologia, venuto a mancare pochi giorni fa- è partito per la costruzione del suo esperimento più famoso, quello del carcere di Stanford: ventiquattro giovani di buona famiglia, senza particolari inclinazioni al potere o alla violenza, sono stati divisi casualmente tra guardie e ladri, per partecipare ad un gioco di ruolo dai risultati sorprendemente cruenti, degenerato in soli sei giorni in una situazione scioccante di soprusi e violenza.
Un esperimento chiacchierato e divisivo che ha messo in discussione il peso dei fattori disposizionali a favore della significatività dei fattori situazionali.
Lo studio di Zimbardo -trasposto magistralmente in un film, e narrato in un interessante e dettagliato libro - è sicuramente ancora attualissimo, e viene considerato uno snodo essenziale per la psicologia sociale.
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