mercoledì 29 aprile 2020
Cover Reveal: "Morti parallele" di Valentino Meynet
lunedì 27 aprile 2020
Anteprima: "Brina~Ogni amico è un'avventura"
L’opera è stata sceneggiata da Giorgio Salati, e le tavole sono state disegnate e colorate da Christian Cornia.
Questo albo è l’atteso sequel di “Brina e la banda del sole felino”, opera precedente degli stessi autori che ha riscosso un notevole successo presso il pubblico, ed è stata apprezzata anche dai giovani studenti, grazie al progetto scuole della Tunué in collaborazione con la casa editrice “Il Castoro”.
La graphic novel "Brina e la banda del Sole felino" è stata recentemente pubblicata anche in America, dalla casa editrice Papercutz, con il titolo "Brina the cat~ The gang of the Feline Sun".
Pur essendo un seguito, "Brina-ogni amico è un'avventura" si può leggere anche senza aver letto il primo volume (ma dopo averlo sfogliato avrete voglia di acquistare anche il primo!).
Il libro si compone di nove racconti, nove capitoli legati da un filo conduttore, che narrano le avventure di Brina, una gattina calico che vive con Samuele e Margherita, la sua “famiglia umana”, una coppia di affezionati e premurosi giovani che si prendono cura di lei.
Brina vuole molto bene ai suoi umani, ma ha bisogno del giusto equilibrio fra libertà e vita casalinga.
Ogni giorno, per Brina, diventa un’opportunità per vivere nuove esperienze e incontrare nuovi amici è occasione di arricchimento, un modo per confrontarsi con il prossimo.
Durante le sue numerose avventure Brina conosce vari personaggi, con i quali riesce ad instaurare solidi legami di amicizia nonostante le diversità: un piccione in difficoltà; un pappagallo che sogna l'amore e la libertà; un cane che a causa di una disavventura ha perso l’uso delle zampe posteriori e si sente inutile per le limitazioni di movimento.
La gattina non resta indifferente al loro dolore e cerca come può di "dargli una zampa", ingegnandosi ogni volta per trovare il modo di aiutare i suoi nuovi amici.
Non si perde mai d’animo e grazie alla sua astuzia riesce sempre a tirarsi fuori dai guai e a salvarsi da situazioni apparentemente irrisolvibili, come sfuggire ai grossi e cattivi ratti di città o riuscire a tornare a casa anche quando le circostanze avverse la spingono lontanissimo da loro.
Il personaggio di Brina, dinamico e pieno d’iniziativa, non potrà non accattivarsi le simpatie dei bambini, e diventare per loro un esempio comportamentale di bontà, educazione, altruismo e rispetto del prossimo.
Con un linguaggio semplice e vicino ai più piccoli, questo volume riesce a regalare ai lettori nove racconti capaci di trasmettere messaggi importanti.
In particolare il settimo, “Rimbalzi e Sobbalzi”, nel quale Brina lascia cadere accidentalmente una pallina rossa giù del balcone.
Le peripezie del giocattolo e i tentativi di Brina di ritrovarlo diventano metafore della vita, della felicità e dei vari atteggiamenti che si possono assumere quando ci si imbatte in tale inafferrabile condizione.
Anche l' ottavo, "Il bene che ritorna” è molto toccante, perché una difficile avventura farà capire a Brina che il bene non viene mai sprecato, ma ritorna sempre, magari in modo inatteso. Nel momento in cui avremo più paura di restare da soli, un raggio della luce che avremo donato agli altri tornerà indietro ad illuminare il nostro buio.
“Brina- Ogni amico è un’avventura” è un fumetto consigliatissimo per i bambini.
Il volume, interamente a colori, contiene illustrazioni molto curate. I personaggi hanno un aspetto simpatico e caratteristico, in particolar modo gli animali.
I colori, volutamente tenui, danno alle avventure di Brina una nota di tenerezza e profondità.
Una storia delicata che si presta a numerose chiavi di lettura, imperdibile per chi ha letto le precedenti avventure di Brina e per chi volesse approcciarsi per la prima volta a questo dolce ed educativo personaggio.
venerdì 24 aprile 2020
"Petali di una vita in fiore" di Serena Perozzi
La protagonista del romanzo, una donna di nome Ester, alter ego dell'autrice, si racconta sinceramente al lettore delineando l'autoritratto di una persona complessa, affascinante, una donna la cui femminilità si è espressa senza lasciarsi abbattere dai piccoli uomini che l'hanno incontrata e temuta, ma conservando il proprio cuore, anche sofferente, integro per chi lo meritava.
La protagonista, lungi dal mostrarsi invincibile, desidera anzi rivelarsi con le proprie debolezze e le proprie fragilità.
Ester narra la difficoltà del parto, lo sconcerto dei momenti di tristezza, le cadute, le sofferenze e le gioie di una vita di cui vale la pena vivere ogni istante e commettere ogni errore.
Una donna che dopo ogni caduta si è sempre rialzata, per mantenersi pilastro saldo della sua famiglia anche quando sentiva nel suo cuore vacillare l'equilibrio.
Non nasconde nulla, neanche i momenti più imbarazzanti, critici, difficili.
Narra la passione, gli amori sbagliati e l'incontro con l'uomo giusto.
Descrive con delicatezza l'amore sincero, raccontando aneddoti profondi di una semplicità disarmante, che scaldano il cuore
"Stavo asciugando una pentola che avevo appena finito di lavare. Alzai distrattamente lo sguardo e incrociai i suoi incantevoli occhi verdi.
Mi stava fissando. E chissà da quanto tempo poi.
Gli domandai stranita perché mi stesse guardando in quella maniera. Mi sentivo goffa, stavo solamente asciugando una stupida pentola.
Mi rispose che adorava scrutare ogni cosa che facevo e che riusciva a cogliere in ogni mio gesto tutto l’amore che ci mettevo.
Aveva gli occhi che gli brillavano, pareva commosso.
Mi guardava.
Io pure, imbambolata, sempre con quella pentola tra le mani. Aveva gli occhi dell’amore, per davvero.
Pensai in quell’istante che mi sarebbe stato impossibile smettere di amarlo, perché il suo amore aveva tutto il profumo e il sapore delle cose semplici, genuine.
Di tutto ciò che non era costruito, né tanto meno calcolato.
Il suo amore era autentico. Talmente vero e carico di meraviglia che tra le mie mani sembrava d’un tratto non esservi più una pentola ma lo scettro di una regina.
E quel vestito ormai consunto, che usavo per fare i lavori di casa, pareva essersi trasformato nell’abito più prezioso del più ambito dei guardaroba.
Era così che mi guardava ed era così che mi sentivo guardata: come la più bella, la più potente e la più rara creatura sulla faccia della terra."
Petali di una vita in fiore è un romanzo toccante e profondo, scritto con una prosa talmente ricca da avvicinarsi alla poesia.
La narrazione è intervallata da delicati e dolcissimi monologhi dell'angelo custode della protagonista, che a volte dialoga con lei invitandola a non sottovalutarsi.
"Dunque, vediamo… Dove hai sbagliato?
Hai sbagliato nel pensare, sin da quando eri piccinina di non valere abbastanza.
[…]
Il non riuscire a padroneggiare un sentimento tanto grande, più volte ti ha portato a vagare senza una meta. A tentare senza realmente sapere. A doverti destreggiare tra l’impellenza di donarti e il rischio concreto che il tuo amore non fosse contraccambiato o che fosse, invece, addirittura abusato.
Cosa non va in te?
Semplicemente la visione distorta e denigratoria che il tuo senso di colpa innato ti porta ad avere di te stessa.
Ma questa non è una colpa, bensì ancora la tua assolutamente incolpevole non – esperienza.
Hai mai pensato di cambiare le domande, dolce anima fragile e sofferente?
Hai mai pensato di iniziare a cambiare il tuo distruttivo mondo di auto – accuse, banalmente modificando i quesiti?
Dove sta scritto che sia necessariamente tu a non andare bene? "
Il sottostimarsi è spesso un errore di molte donne, che non comprendono il proprio valore e scelgono uomini che le maltrattano e le fanno soffrire. Semplicemente, accettano meno di quel che meritano.
L' autrice invita queste donne a non accontentarsi, a cercare l'uomo che ne apprezzi il talento e le potenzialità e non sia intimorito dalle loro capacità, che sia un sostegno nella vita e non un ulteriore ostacolo alla felicità.
"Cosciente di cosa andavo cercando – e a fronte di una profonda insoddisfazione e ad un evidente sfinimento fisico – dovetti prendere atto che la mia vita era stata sino ad allora prosa.
Non che questa non fosse funzionale alla narrazione di vicende avvincenti e meravigliose, anzi quante esperienze stupende avevo vissuto e potuto raccontare… in prosa! Ma iniziavo a necessitare di poesia."
La storia alterna momenti di vita presente con eventi del passato, in un affascinante intreccio di ricordi.
È il romanzo scritto da una voce femminile decisa, che narra la vita di una donna e si rivolge alle donne. Un libro che è un viaggio, un viaggio attraverso quel grande miracolo che solo una donna può essere, capace di donare la vita, di piegarsi senza spezzarsi, di essere ferita senza lasciarsi uccidere.
"Devi una volta per tutte, se ti vuoi un pochino bene, chiudere con il passato. Farci pace e poi lasciartelo alle spalle."
Un inno alla femminilità e alla bellezza di essere donne, un libro da leggere e rileggere ogni volta che si teme di essere troppo poco, o non abbastanza, perché ce lo fa credere la società maschilista che nel ventunesimo secolo ancora domina la mentalità comune.
Il titolo, metafora bellissima di un fiore che non muore, non appassisce e nonostante tutto vive, racchiude il senso del romanzo, il racconto di una vita che riesce a trovare il suo giardino in cui fiorire.
Ester che trova la propria vocazione e la propria gioia nella maternità ed esorta ogni donna a trovare il proprio modo di fiorire, qualunque esso sia, e a non restare mai per comodità, paura o pigrizia in compagnia di persone che ne soffocano le aspirazioni.
"L’aveva ferita nel profondo, Dio se lo aveva fatto! Le aveva dato di pensare che non era abbastanza, che non ne valeva la pena. Ed ancora una volta, Ester aveva avuto l’assurda percezione di essere lei quella sbagliata.
Sognatrice, idealista, romantica, iniziava ad odiare ciò che aveva sempre amato di sé.
E questo non poteva essere e non poteva accadere, no di certo!
Gli stava permettendo di cambiarla, ma si era resa ben presto conto, fortunatamente, che la cosa più saggia da fare era riprendere in mano la sua vita ed in solitudine proseguire il suo cammino."
Lo consiglio agli appassionati di storie di vita e ad ogni donna che, attraverso le parole della protagonista, potrà imparare ad amare di più se stessa e la vita.
"E capii finalmente che ogni anima è rara e preziosa.
Che ogni vita è frutto di un progetto alto e sublime, talvolta incerto o addirittura sconosciuto, ma comunque parte di un disegno che nemmeno il più abile degli artisti saprebbe ideare e riprodurre.
Che la vita è una ed una soltanto.
E che il tempo a disposizione è troppo breve per poter ripiegare tra mediocrità, tristezza ed insoddisfazione.
Che è necessario provare ad essere felici, che è vitale amare.
Amare senza misura.
E chi sa amare- di questo ero assolutamente certa – non può che essere amato…"
giovedì 23 aprile 2020
"I kill Giants": graphic novel o film?
mercoledì 22 aprile 2020
Cover Reveal: "Il caso Galli" di Francesco Accardo
Titolo: Il caso Galli
Autore: Francesco Accardo
Genere: Thriller investigativo
Data pubblicazione: 30 Aprile 2020
Autoconclusivo
Sinossi: In un piccolo paesino a ridosso delle Alpi tra Italia e Francia scompare Roberta Galli,una ragazza poco più che ventenne. Le autorità liquidano la cosa come una semplice fuga da casa, ma qualcosa non quadra. Le indagini vengono interrotte e su tutta la questione cala un insolito silenzio.
L'investigatore Giuseppe Quirico e i suoi amici vengono assoldati per far luce sul caso, ma scopriranno a loro spese che dietro la sparizione c'è un segreto terribile e inconfessabile.
Tra leggende, superstizioni, strani avvenimenti e un passato oscuro, nel piccolo paese di Pietraporzio i protagonisti dovranno districarsi tra sotterfugi ed enigmi diabolici. Quello che all'inizio sembra un semplice caso di routine diventerà un'intricata matassa da sciogliere e presto gli estranei che volevano investigare inosservati saranno al centro delle attenzioni.
Riusciranno a risolvere il Caso Galli? O forse anche loro spariranno nel nulla?
sabato 18 aprile 2020
"Black Forest vol.2 - Autunno" di Andrea Cerasi e Maria Eleonora
"Autunno" è il secondo capitolo della saga fantasy "Black Forest", scritta da Andrea Cerasi e Maria Eleonora.
A Rocca d'oro l'estate è finita e la scuola è ricominciata, ed i cinque protagonisti devono confrontarsi con i problemi scolastici e sperimentare le difficoltà dei rapporti di amicizia e le prime simpatie.
I ragazzi intraprendono un percorso nel quale si incamminano verso la vita, imparando dalle cadute.
Regina, la più fragile del gruppo, dovrà affrontare le proprie insicurezze e incontrerà Gabriele, che sarà per lei il primo amore, un ragazzo che pur amandola le farà del male.
Vorrei tanto svegliarmi domani ed essere lei. Non come lei, direttamente lei, ma simile a lei. Avete capito, no?
Chissà che genere di pensieri ha in mente una come Elise, probabilmente nessuno negativo. Gente così sembra nata per essere felice, un’onda verde continua in ogni capo della vita. La questione dell’onda verde me l’ha spiegata Valentina: lei usa il motorino e spesso le capitano tutti i semafori verdi, perciò quando capita non è mai costretta a fermarsi. Questione di fortuna. Bè, Elise è tra quegli esseri umani privilegiati a cui l’esistenza non nega nulla: un sorriso, una bella notizia, una giornata di sole.
E poi ci sono io. Praticamente una giornata di tempesta.
[...]
Pensano tutti che sia una sfigata. I miei stessi amici lo pensano. Mi dispiace di non essere alta e bella, col nasino all’insù, come Alessio e Valentina; mi dispiace di non avere la mistica e fascinosa aura da nerd di Enrico, o la calma matura di Luca o la bellezza di Daniele.
Il saggio Enrico scoprirà che la vita non si può pianificare, e che le cose non vanno sempre come si spera.
Luca ed Alessio affronteranno le prime ribellioni adolescenziali.
La bella Valentina vorrebbe accettare l'amore del tenero Mattia, ma teme in questo modo di tradire la memoria di Daniele, suo primo amore, del quale conserva dolcissimi e dolorosi ricordi.
«Ti amo, Valentina.»
Il tempo molto spesso tende a cristallizzarsi e momenti indelebili nascono e muoio nell’arco di un respiro e, altre cose si dilatano e si accavallano in una bellissima confusione. Ho ancora la bocca aperta che alle spalle di Mattia, a una decina di metri di distanza, Luca sta baciando Gaia… o Gaia sta baciando Luca.
Mattia mi ha detto che mi ama.
Daniele non mi ha mai detto che mi ama.
Io non ho mai detto a Daniele che lo amo.
Immobile, oscillo lo sguardo tra Mattia e Luca. Sono sconvolta e non so se sono più sconvolta per me o per Regina.
«Valentina?» continua lui.
Troppo tardi, alle sue spalle appare la sagoma di Daniele, sembra che abbia le mascelle serrate. Io vorrei solo sparire dalla faccia della Terra.
«Valentina?» dicono entrambi all’unisono, Mattia e Daniele.
Su tutte le vicende aleggia enigmatico, lo spirito di Daniele, il loro amico defunto, i cui messaggi continui hanno logorato il varco fra Rocca d'Oro e la Sfera.
Capiranno, i ragazzi, cosa cerca di comunicare Daniele a ciascuno di loro?
In questo secondo libro ho trovato una maturazione dello stile, molto più ricco e forbito.
C'è stato un approfondimento della personalità dei personaggi. La crescita del gruppo di adolescenti è seguita con attenzione e delicatezza, concentrandosi sui loro pensieri.
Ciascuno di essi vive un'esperienza unica e particolare, in cui il contatto con il fantasy va a toccare le corde profonde di una vicenda personale.
L'elemento fantastico è un modo per permettere ai personaggi di confrontarsi con un problema che non riescono ad affrontare nella loro vita e si fa sempre più incisivamente metafora della vita. Inoltre vengono svelati avvenimenti importanti del passato di Rocca d'Oro, che coincidono misteriosamente con le avventure narrate in Black Forest, saga fantasy che ha appassionato Enrico. Il quale riscontrando le analogie convince gli altri ragazzi a leggere i libri.
«Non vedi l’ora perché ti ricorda il tunnel della memoria di Black Forest.»
Enrico sgrana gli occhi alle parole di Luca «L’hai letto con attenzione? Oh, io lo sapevo, lo sapevo che ti sarebbe piaciuto» e gli molla una pacca sulla spalla.
«Vola basso, amico, in questi giorni sto leggendo Mr. Mercedes del maestro King, e non c’è paragone»
《Tu che leggi un libro è un miracolo, forse Black Forest ti ha spronato, ha aperto la tua mente, Luca» Enrico gli fa la linguaccia, fluttuando nel corridoio della scuola con passo leggero, magari pensando che siamo tutti dei fan della saga di Black Forest. E invece no, siamo costretti a leggerlo solo per le strane analogie con gli eventi che ci stanno travolgendo sin dalla morte di Daniele.
La ripartizione del libro in sezioni diverse narrate dal punto di vista dei vari personaggi risulta funzionale alla storia. Questo procedimento letterario consente al letture di conoscere i loro pensieri e quando si chiude il romanzo si ha la sensazione di udirne le voci.
Ho concluso questo libro con la sensazione che Enrico, Valentina, Luca, Alessio e Regina fossero miei amici, che ho conosciuto in "Estate" solo superficialmente, e invece in questo libro mi hanno aperto il cuore, confidandomi i loro segreti.
Il romanzo riesce a descrivere benissimo la confusione dell'adolescenza, periodo complesso durante il quale la vita è in bilico fra tragedia e poesia.
giovedì 9 aprile 2020
"I disertori~ In bocca al lupo" di Micol V. Osti
Atlas Alcott e Peter Wolf sono due ragazzi come tanti, uno inglese, l'altro tedesco.
Ma si tratta di una differenza fondamentale se è il 1918, è in corso il primo conflitto mondiale e i due giovani imbracciano le stesse armi, ma indossano divise di diversi colori. Si trovano uno di fronte all'altro, con la consapevolezza che non sparare all'altro vuol dire morire.
Una circostanza casuale li induce all'impossibilità di potersi colpire e questo li porta a parlare, a conoscersi e a prendere la folle decisione di disertare e scappare insieme in America.
Ma la grande mela è una culla di grandi sogni come di grandi incubi, una città in cui sopravvivere può voler dire scendere a patti con la propria coscienza.
In un susseguirsi di adrenalinici capitoli, l'autrice trasporta il lettore nell'America dei Ruggenti anni 20, un luogo fatto di luci ed ombre, dove bene e male facilmente si confondono ed è difficile mantere un'integrità morale autentica.
I due protagonisti, per sopravvivere, vengono inglobati dal circuito dell'illegalità, una realtà perversa, dominata da uomoni senza scrupoli, un microcosmo corrotto nel quale ogni moralità è capovolta e regnano falsi ideali. Come un ragno, il capo mafioso De Latini tesse una fitta rete attorno a sé, nella quale i suoi dipendenti non vengono ricattati solo materialmente ma anche psicologicamente, avvinti in un meccanismo strano di sudditanza che diventa dipendenza e ricerca di approvazione della figura del leader.
Anche Peter viene catturato nella ragnatela di De Latini: vuole compiacerlo e desidera così tanto essere lodato per qualcosa, che anche i complimenti ricevuti quando gli viene riconosciuta l'abilità di uccidere lo rendono -in un contorto modo- felice.
"Peter era in un'agonia straziante. Il confine tra il dolore fisico e quello mentale era così sottile che era impossibile capire dove cominciasse uno e dove finisse l'altro o se non fossero solo l'uno un effetto collaterale dell'altro.
Era arrivato a provare piacere nel fare qualcosa che in realtà lo disgustava, era arrivato a confondere la vera causa del piacere con l'azione."
I protagonisti, punto forte del romanzo, rappresentano i due aspetti dell'anima umana.
Uno speculare all'altro: l'uomo che ripugna la violenza e quello che se ne lascia sedurre, come se fosse una donna provocante vestita di rosso.
Nel personaggio di Peter viene messo in atto un intrigato dramma morale.
Peter rivede in De Latini la figura paterna da cui ha sempre ricevuto disprezzo
ed umiliazioni. Vuole compiacerlo in ogni modo, anche se significa diventare uno spietato assassino.
Solo quando capisce di essere stato usato, di aver tratto il peggio dalla propria anima e aver deluso l'amico Atlas, desidera cambiare, e si chiede se il cambiamento sia possibile.
"I disertori" è un romanzo forte, con una narrazione dinamica ed una storia incisiva, in cui male e bene si tengono per mano e danzano insieme, confondendosi.
Una storia con personaggi intensi che rimarranno nel cuore e un intreccio che non deluderà i lettori.
lunedì 6 aprile 2020
"Black Forest vol.1 - Estate" di Andrea Cerasi e Maria Eleonora
"Cronache delle Terre Nuove~L'erede di Jaya" di Elia Baldanzi
"Il circo dell'invisibile~L'ultimo desiderio" di Camille Morgan Davis
"Papà gambalunga" di Jean Webster
domenica 5 aprile 2020
"La casa delle voci" di Donato Carrisi
Donato Carrisi, ormai autore noto in tutto il mondo e vincitore di numerosi riconoscimenti – fra i quali il Premio Bancarella per “Il suggeritore” – è ormai una garanzia per gli appassionati di Thriller.
Pietro Gerber è uno psicologo infantile. Tutti i giorni nel suo studio a Firenze vengono condotti bambini che presentano seri problemi quali traumi e disagi vari, che lo psicologo tenta di curare tramite una tecnica affascinante quanto controversa dal punto di vista medico: l’ipnosi.
A causa dei suoi metodi Pietro Gerber viene chiamato spesso “l’ipnotista” anche se lui preferisce la definizione “addormentatore di bambini”. È infatti sostenitore della teoria che l’ipnosi non sia una terapia invasiva come molti credono, ma semplicemente di uno stato indotto di profondo rilassamento, durante il quale il paziente può arrivare ad una connessione profonda con il proprio inconscio.
Grazie all’ipnosi egli riesce dunque ad indagare l’inconscio dei suoi piccoli pazienti, per scoprire verità nascoste e guarirli da traumi che altrimenti li turberebbero per sempre, anche nell’età adulta.
La vita di Pietro Gerber è apparentemente perfetta: ha un lavoro di successo, una moglie bella ed intelligente, Silvia, e un bellissimo bimbo, il piccolo Marco.
Ma la mente di Pietro Gerber non è priva di fantasmi: è infestata dallo spettro di un trauma vissuto tre anni prima, legato alla parola che il padre gli ha pronunciato in punto di morte. Una parola così potente da fargli abbandonare l’esistenza di donnaiolo poco serio condotta fino a quel momento per abbracciare uno stile di vita sano e formare una famiglia.
Quel trauma ancora lo sconvolge, tanto da non averne mai parlato neppure con Silvia.
Eppure nonostante i propri traumi personali Pietro ha creato un equilibrio fra lavoro e famiglia.
Una telefonata inattesa da un’ipnotista australiana, Teresa Walker, sconvolge la sua quotidianità: lo avvisa infatti di aver trovato il suo contatto su internet, e averlo ritenuto la persona più indicata per una paziente molto particolare, Hannah Hall. Hannah non è una bambina bensì una donna adulta, tuttavia il suo trauma trova le radici nell’infanzia trascorsa in Toscana con due inquietanti individui che sostenevano di essere i suoi veri genitori, prima di essere affidata ad una coppia australiana.
Dunque, per liberarla dai propri demoni e dal timore atroce di aver commesso un grave delitto che non ricorda, Pietro Gerber dovrebbe parlare alla bambina che è in lei.
Inizialmente restio ad accettare la paziente, l’uomo si trova ben presto coinvolto dalla donna la quale si rivela una persona decisamente singolare.
Hannah, con i suoi racconti contrastanti e le fuorvianti indicazioni, costruisce un labirinto di enigmi, dai quali dovrà uscire grazie al proprio intuito, seguendo gli indizi lasciati da lei. Indizi che incolleranno ad ogni passo i suoi piedi alla ragnatela di un mistero da cui non potrà scappare, finché non avrà scoperto la soluzione.
Ma non sarà solo, perché Hanna Hall non sarà mai troppo lontana da lui, pronta a guidarlo nel macchinoso ed apparentemente perverso gioco che ha ideato. Pietro Gerber non capisce: Hanna Hall non è quel che vuole apparire – una donna profondamente turbata dal proprio passato che conduce una vita sbandata – ma forse non è neppure la pazza schizofrenica che sembra. Cosa nasconde, veramente? E, soprattutto: chi è davvero? E perché, da quando ha incrociato i suoi occhi chiarissimi, Pietro Gerber è completamente ossessionato da lei?
In questo romanzo la narrazione è in terza persona, concentrata sul protagonista, Pietro Gerber. Il lettore non può sapere più di quanto l’ipnotista non sappia o non voglia ammettere a sé stesso. Sono presenti inoltre nel testo frequenti flashback del passato di Hannah e Pietro, che permettono la ricostruzione di una vicenda intrecciata e complessa.
Il protagonista, si lascia condurre dalla paziente nell’inferno dei propri raccapriccianti ricordi, che si riveleranno frammenti di narrazione da incubo. Gerber prova ad ascoltare con distacco i racconti Hannah, ma è impossibile dissociarsi dalle storie di dolore che la donna racconta sul proprio passato. Ciò che i suoi genitori – o meglio, le persone che lei credeva fossero tali – la costringevano a subire era atroce.
"Il mattino dopo, mamma viene a svegliarmi. Mi fa vestire e mi porta fuori. Vedo papà in piedi sotto al vecchio castagno. Ha in mano una pala. Mentre ci avviciniamo, mi accorgo che ha scavato una buca accanto a dove è sepolto Ado. Ai suoi piedi c’è la mia cassa. Le lacrime iniziano a sgorgare da sole. Perché mi fate questo? Ho tanta paura. Mamma e papà non mi hanno mai fatto del male, per me questa paura è del tutto nuova e, per questo, più terrificante.
Mamma s’inginocchia davanti a me. «Adesso caleremo la cassa nella buca. Faremo le cose un po’ alla volta, poi arriverà il momento in cui papà getterà sopra la terra.»
«Non voglio» dico fra i singhiozzi.
Ma lo sguardo di mamma è duro, non lascia spazio alla compassione. «Quando sentirai che ti manca l’aria, suonerai il campanello e ti tireremo fuori.»
«Non voglio» ripeto, sconvolta.
«Ascolta: tu sei una bambina speciale.»
Bambina speciale? Non l’ho mai saputo. Che significa?
«Per questo io e papà dobbiamo proteggerti dagli estranei. Gli estranei ti stanno cercando. Se vuoi vivere, devi imparare a morire.»"
Le parole di Hanna fanno emergere anche in Pietro oscure memorie.
Inoltre la donna, con lente ma preoccupanti confidenze, si impone sempre di più nell’esistenza di Pietro, tanto da arrivare ad invaderne completamente la vita professionale e familiare, rendendogli impossibile la quotidianità.
Hannah è perversa, secondo Silvia è addirittura schizofrenica e Pietro dovrebbe allontanarla. Ma lui non riesce a lasciarla andare, perché un fascino magnetico e tetro lo tiene avvinto nel suo mistero.
Il comportamento di Hannah finisce per ossessionarlo e, anche se si sforza di rimanere lucido, la sua mente vorrebbe ricondurre ogni cosa che gli accade a lei.
"Anche se la paziente faceva di tutto per trasformare ogni cosa in un mistero, non era detto che tutto ciò che gli capitava dipendesse da lei. Era proprio nella natura delle ossessioni trasformare ogni accadimento nel frutto di un inganno o di un complotto. Ma la paranoia era il primo passo verso il baratro della follia, e lui doveva rimanere lucido."
Hannah Hall, con il suo comportamento e le sue parole, lo conduce sempre più velocemente nel bosco oscuro celato nel suo cuore da cui, analogamente a Dante, nella propria selva oscura, non può tornare indietro né scappare. Deve percorrerla fino alla fine pur di raggiungere una purificazione che sembra irraggiungibile. Una corsa contro il tempo e contro i fantasmi che lo inseguono silenziosi, dai quali ha il timore di essere divorato.
Pietro Gerber grazie ad Hannah Hall si rende conto che insegna ai suoi pazienti qualcosa che lui stesso non è mai riuscito a fare: affrontare i propri traumi. La donna, con la sua lucida follia, lo costringe a smettere di nascondersi e ad esplorare ogni anfratto della propria anima.
Passato e presente si confondono in un unico, apparentemente irrisolvibile enigma.
Nel viaggio alla ricerca della verità e della propria catarsi Pietro scava un fossato intorno ai suoi piedi: allontana per un po’ persino la moglie ed il figlioletto, rendendosi conto di non poterli trascinare con lui, in caso di pericolo.
E anche perché capisce che il suo è un viaggio da affrontare necessariamente in solitudine, proprio come nel poema dantesco, con la sola guida, a qualche passo di distanza ma sempre presente, di Hannah Hall, novello Virgilio che gli prepara la strada da percorrere.
Una scelta che la consorte condanna, sentendosi offesa, ma condizione imprescindibile per Pietro, deciso a guardare dentro l’abisso di un passato che si è rifiutato di indagare per troppo tempo.
Hannah Hall, con i suoi profondi occhi azzurri, i vestiti dimessi e scuri, come a nascondersi dal mondo, la sigaretta sempre accesa, è un personaggio controverso ed è il perno del romanzo. Figura intrigante e misteriosa, non si svela mai completamente al lettore, che deve scoprirne piano ogni aspetto insieme al protagonista.
Un personaggio da non sottovalutare, forte e molto più sicura delle proprie azioni di quanto sembri in apparenza. Anche Pietro se ne rende presto conto.
"Gli sembrava che nessun segnale proveniente da quella donna fosse casuale."
Hannah Hall è una perversa manipolatrice senza alcun fine oppure, nelle sue azioni in cui nulla è lasciato al caso, ha uno scopo?
È una vittima o un carnefice?
Pietro Gerber sceglie di lasciarsi condurre da lei ovunque lei voglia. Si fida istintivamente, seguendo una sensazione che non comprende, guidato dalla convinzione inspiegabile che Hannah sia legata a lui in un modo segreto.
Pietro Gerber non può fermarsi prima della rivelazione, perché senza il raggiungimento di essa la catarsi non può avvenire, egli resterebbe incompleto e non potrebbe ricongiungersi pacificamente ai propri familiari.
Un aspetto importante del racconto è lo spazio. Allo sfondo suggestivo della bellissima Firenze si contrappone lo spazio vero del romanzo: il buio della mente, nel quale, tuttavia, si intravede fin dalla prima pagina una piccolissima luce, che nessuna ombra potrebbe spegnere. È quello il lume grazie al quale esplorare gli anfratti oscuri dell’ignoto.
La casa delle voci è un romanzo strisciante e inquietante, che guida il lettore attraverso una storia torbida come una palude, affascinante come una strada deserta nella notte.
La preziosa paratassi riesce a creare una sensazione di ansia crescente che accompagnerà i lettori fino alla fine della storia.
Un racconto che riesce ad invadere la mente più razionale, insinuandovi il dubbio sottile dell’esistenza di un mondo oscuro fatto di ombre che sfuggono all’umano controllo, andando persino oltre i misteri imperscrutabili dell’inconscio, così insondabili che neppure l’ipnosi può indagarli completamente.
Un dubbio che il romanzo, intenzionalmente, non risolve. Che siano i lettori stessi a decidere in cosa credere, e in cosa no.
"Non so da dove provengono i miei genitori, né quale sia il loro passato. Non mi parlano mai dei miei nonni e non mi hanno mai detto se, da qualche parte, hanno fratelli o sorelle. Sembra che stiamo insieme dalla nascita. Intendo dire che era così anche nelle nostre vite precedenti.
Soltanto noi tre.
Mamma è convinta che ci si può reincarnare, e che transitare da un’esistenza all’altra è semplice come passare da una stanza all’altra. Tu non cambi mai, cambia solo l’arredamento. Allora, ovviamente, non può esistere un prima e un dopo.
Siamo noi, e sarà così per sempre.
A volte, però, qualcuno rimane incastrato sulla soglia. E quella è la terra dei morti, dove il tempo si ferma."
sabato 4 aprile 2020
"Annerita di condensa" di Simona Barba Castagnaro
"Half bad" di Sally Green
"Per sempre Stargirl" di Jerry Spinelli
"Stargirl" di Jerry Spinelli
giovedì 2 aprile 2020
Cineforum: "La profezia dell'armadillo"
Ho provato sensazioni contrastanti, durante la visione. All'inizio ero disorientata dai distanziamenti rispetto all'opera originale e infastidita dal frequente turpiloquio, ma poi la pellicola mi ha rapita.
La storia verte intorno alle vicende di Zero che, a 27 anni, è un aspirante fumettista e vive da solo in un appartamentino perennemente disordinato vicino alla stazione, nel quartiere romano di Rebibbia,
un luogo dove ha da sempre vissuto con orgoglio, seppur in una condizione di inferiorità psicologica rispetto alla più prestigiosa zona centrale.
Il titolo del film prende il nome dal suo amico immaginario, un armadillo con fattezze umanoidi, una sorta di personaggio invisibile che solo lui può vedere, e rappresenta la concretizzazione delle sue paranoie ed ansie quotidiane.
Un giorno, ricevendo una e-mail, apprende la notizia della morte di una ragazza a lui molto cara, Camille. Camille è morta, morta di anoressia.
Originaria della Francia, precisamente di Tolosa, per un periodo della sua vita si era trasferita a Roma e studiava nella classe di Zero.
I due, diventati amici, avevano trascorso insieme l'adolescenza.
Zero ne era innamorato, ma non glielo aveva mai confessato, ed ora che è morta non potrà più farlo.
La consapevolezza della morte e dell'impossibilità di tornare indietro da un evento così terribile si fa strada dentro di lui lentamente. All'inizio gli sembra quasi che non sia veramente accaduto, non riesce a crederci.
La difficoltà nel metabolizzare la perdita lo induce a rivivere i ricordi dei momenti più belli trascorsi insieme, al tempo in cui, come diceva lei, "erano leggeri" e ogni cosa faceva ridere, dormivano sui tetti e trascorrevano le notti a parlare di tutto e di niente.
Zero ricorda il suo sorriso semplice e il suo modo di comportarsi, molto diverso da quello delle altre ragazze che ha conosciuto. Camille era capace di sorprenderlo sempre. Ricorda che ascoltava musica francese, ballava al ritmo di ballate latine ed era capace di rendere speciale anche la melodia più banale. Ricorda che possedeva una delicatezza unica.
Ricorda i suoi grandi occhi, il suo corpo sempre più sottile nel corso degli anni.
E si rende conto che nel cuore di Camille si celava un dolore che nel corso degli anni l'aveva fatta ammalare.
E non capisce. Non capisce come si possa morire di anoressia. Nessuno le ha sparato, nessuno le ha fatto del male. Lei stessa si è annientata, si è spenta.
Questa fine lo spiazza, lo turba.
Il film lascia una domanda, nello spettatore: se lui le avesse confessato i propri sentimenti, lei sarebbe partita ugualmente da Roma? O magari se lui avesse capito il suo dolore e guarito il suo cuore, sarebbe rimasta e sarebbe ancora viva?
Un dubbio divorante con cui il protagonista si scopre destinato a convivere.
Nella vita del protagonista la figura di Camille costituiva una sorta di spirito guida, tanto che a distanza di tanti anni Zero ascolta ancora le sue canzoni preferite e ha studiato francese proprio perché era la sua lingua madre.
La consapevolezza della sua morte lo porta dunque a sentirsi privo di punti di riferimento.
Camille è stata soffocata da un mondo in cui ha deciso di diventare sempre più invisibile, fino a sparire.
Non rimane che il suo ricordo, che Zero vorrebbe ingrandire a dismisura per non perderlo, un lutto che vorrebbe gridare al mondo intero, vorrebbe disegnare nel cielo la sua sagoma con le nuvole. Ma non può far altro che accettarlo, e darle l'ultimo saluto durante una piccola cerimonia laica che sembra non rendere giustizia all'importanza che ha avuto nella sua vita.
Camille non è solo un personaggio, ma diventa anche un pretesto, un esempio per parlare di tutto ciò che si perde quando non si lotta abbastanza.
"Anche rinunciare significa scegliere" dice Zero al ragazzino al quale dà ripetizioni, ma in realtà si rivolge a sé stesso, pensando a Camille, e a tutte le battaglie per cui non ha combattuto, a tutte quelle possibilità perdute che non torneranno più.
Il periodo in cui Zero ha conosciuto Camille era quello dell'adolescenza, il periodo dei giuramenti solenni, delle promesse gridate alla notte, degli amori segreti mai confessati. Ma è anche il periodo della vita in cui si è arrabbiati, in cui si sogna un mondo diverso, in cui ci si immagina come adulti migliori di quelli incontrati fino a quel momento, adulti capaci di migliorare la società.
Lentamente però, senza quasi rendersene conto, Zero e i suoi amici si sono trasformati proprio in ciò che disprezzavano e speravano di non diventare.
La profezia dell'armadillo è un film sicuramente un po' strano ma profondo, toccante e delicato.
La scelta del cast contribuisce in maniera decisiva alla sua riuscita.
Simone Liberati è perfetto nel ruolo del protagonista: ha gli stessi occhi tristi di Zero, l'identica malinconica cupezza. Riesce, con espressioni intense, ad esprimere tutta la complessità del personaggio che interpreta.
Una delle scene in cui la sua espressività mi ha colpita maggiormente è il momento in cui Zero legge la mail in cui apprende la morte di Camille.
Nel fumetto Zero fa un sorriso, e spiega che il suo non è assolutamente un gesto di beffa ma piuttosto una reazione legata ad un nervosismo che cela l'incapacità di riuscire a metabolizzare notizie serie ed importanti come i lutti.
In questa scena, nel film, non vengono fornite le spiegazioni aggiuntive del fumetto, ma sono ben riassunte nell'espressione di Liberati che riesce a restituire, in pochi istanti, la pienezza di quel gesto che manifesta tutto il disagio del personaggio.
Potrei aggiungere numerosi altri esempi, ma credo che uno sia sufficiente per parlare della bravura di Liberati.
Una menzione va anche a Pietro Castellitto che, nel ruolo di Secco, fedele amico di Zero, è molto somigliante alla sua controparte a fumetti, solenne e comico allo stesso tempo, e non credo ci fosse un attore più adatto alla parte.
A fare da sfondo al presente e al passato c'è sempre Rebibbia, luogo simbolico al quale il protagonista si ostina a rimanere aggrappato con orgoglio, perché emblema di un'identità che non vuole perdere, in fiera opposizione ai boriosi abitanti del centro.
Arrichiscono la pellicola piani lunghi e medi, che mostrano il contrasto tra le bellezze di Roma e il degrado di alcune tristi periferie, che possiedono il fascino delle cose abbandonate.
Il film lascia anche spazio a interessanti momenti di riflessioni politica e sono presenti riferimenti a fatti di cronaca, fra i quali il G8 di Genova, particolarmente caro a Michele Rech.
Il film, anche grazie alle musiche ben scelte - si va dalle colonne sonore di Giorgio Giampà alle principali hit musicali pop e rock di una ventina di anni fa - ha saputo restituirmi la sensazione di nostalgia provata durante la lettura del fumetto, insieme al timore di aver perduto qualcosa che non può più tornare.
Tuttavia non ho apprezzato alcune scene, che avevano sicuramente efficacia visiva e narrativa nel fumetto, ma hanno perso la loro potenza -anche comica- nella trasposizione cinematografica, diventate esagerate e vagamente grottesche.
Un esempio è l'episodio in cui Zero finge di strozzare la pianta decorativa nell'appartamento di sua madre, esasperato dall'incompetenza di quest'ultima nell'uso del pc.
Un momento che nel fumetto risulta simpatico e strappa un sorriso, nel film invece sembra un po' stupido.
Al di là di queste critiche credo che "La profezia dell'armadillo" sia veramente un ottimo film, da guardare forse più volte per comprenderne ogni sfaccettatura e coglierne l'impalpabile bellezza.
Vi si trova la dolce amarezza e la struggente poesia di vite alla deriva in cerca di riscatto, proprio quelle caratteristiche che mi hanno fatto innamorare dello stile di Michele Rech, una figura eclettica capace di raccontare il proprio universo - e sé stesso - senza cercare di cambiare la realtà, né di farla apparire migliore.