venerdì 18 luglio 2025

Dark Room Etiquette di Robin Roe


Dark Room Etiquette è un romanzo che affonda le mani nel cuore più oscuro dell’esperienza umana, raccontando con brutalità e delicatezza insieme cosa succede quando la realtà si spezza a causa di un'esperienza terrificante e bisogna imparare a sopravvivere a tutto quel che viene dopo.

Il protagonista è Sayers Wayte, un ragazzo privilegiato: bello, ricco, arrogante, amato e sicuro del proprio posto nel mondo. Ma quell'equilibrio perfetto viene distrutto in un istante, quando viene rapito da uno sconosciuto che sostiene di essere il suo padre biologico.
Sayers si risveglia in una casa isolata, chiusa, senza finestre. Un ambiente claustrofobico e irreale, dove il rapitore impone nuove regole, un nuovo nome, una nuova narrazione della sua vita. È qui che il romanzo prende una piega inquietante e affascinante: per buona parte della storia restiamo con Sayers dentro quella “dark room”, mentre lentamente le sue certezze si sgretolano, la sua identità si confonde, e la realtà si mescola con la manipolazione. La narrazione in prima persona ci trascina nella mente del protagonista, costringendoci a vivere il suo stesso senso di disorientamento, paura, annullamento.

Ma Dark Room Etiquette non finisce con la liberazione. Anzi, è proprio nella seconda metà che il romanzo colpisce più a fondo. Una volta fuori, Sayers non riesce più a riconoscere la sua vecchia vita. La casa, gli amici, la scuola, la famiglia: nulla è come prima. È sopraffatto da un forte disturbo post-traumatico da stress (PTSD) che si manifesta in incubi, flashback, episodi di dissociazione, difficoltà relazionali. Il trauma non si è concluso con la fuga: lo ha invaso, lo ha trasformato. Sayers deve affrontare un altro tipo di prigionia – quella della sua mente, che è rimasta bloccata in quell'esperienza scioccante.

Robin Roe, con grande sensibilità e una scrittura limpida e incisiva, racconta la complessità del trauma e la fatica immensa del recupero. Non offre soluzioni facili né finali rassicuranti, ma regala al lettore un ritratto autentico di dolore, memoria e identità fratturata. Il romanzo diventa così un'esplorazione intensa di cosa significhi perdere se stessi e provare, passo dopo passo, a ritrovarsi.

Dark Room Etiquette non è solo un thriller psicologico o un romanzo sul trauma. È una storia profonda sul potere e la fragilità del cervello umano, sull’ambiguità dell’amore e sul difficile cammino verso la guarigione. 

domenica 6 luglio 2025

"Babel" di R. F. Kuang: una versione fantasy del mondo accademico

TRAMA
Nella Canton degli anni Trenta dell’Ottocento Robin, un ragazzo cinese, sopravvive miracolosamente al colera grazie a una misteriosa tavoletta d’argento usata dal professor Richard Lovell, che lo salva e lo porta con sé a Londra. Qui Robin viene educato con estrema severità allo studio lingue classiche e del cinese mandarino, per essere ammesso all’Istituto Reale di Traduzione di Oxford, detto Babel.
A Oxford, l’antico sapere sulla traduzione si usa come forma di magia: su tavolette d’argento vengono incise parole “equivalenti”, ma non identiche in due lingue, creando effetti soprannaturali. Questa tecnologia linguistica, nota come “magia dell'argento”, consente di potenziare fucili, guarire, aumentare la produzione agricola e sostenere l’impero britannico.
Robin trova amici nei compagni Ramy (Indiano), Victoire (haitiana) e Letty (britannica). Tutto gli appare perfetto fino a quando inizia a capire che il sapere linguistico di Babel serve per alimentare il colonialismo e l’oppressione, non per il bene universale.
Si troverà dunque diviso tra il desiderio di mantenere i propri privilegi e l'incapacità di restare a guardare le peggiori ingiustizie sociali, un contrasto interiore che porterà tragici sviluppi.


RECENSIONE

Le parole possono uccidere.
È un'affermazione potente, e nel mondo immaginato da R.F. Kuang in Babel, assume un significato letterale, tragico e ineluttabile. Questo corposo romanzo fantasy, che si presenta come un’opera di finzione, è in realtà una lente acuminata sulla realtà del mondo accademico: affascinante, crudele, sofisticato e cannibale.
Robin, il protagonista, è incantato dall’università di Oxford – nello specifico, dal prestigioso Istituto di Traduzione Babel – che ama e odia con pari intensità. L’accademia è per lui un paradiso dorato e insieme una prigione raffinata: un sistema che promette elevazione e illuminazione, ma che può distruggere senza pietà chi non si conforma alle sue logiche.

"Odiava quel luogo. Lo amava. Non gli piaceva come lo trattava. Eppure voleva farne parte, perché era così bello poter parlare con i professori sentendosi al loro stesso livello intellettuale, partecipare a qualcosa di grande."

Lì dentro, anche il più brillante degli studenti è solo un ingranaggio facilmente rimpiazzabile. Eppure, uscirne è altrettanto devastante: dopo aver assaporato tutto ciò che l’accademia offre, la vita al di fuori appare grigia e respingente.

"Si interrogò sulla contraddizione che stava vivendo: li disprezzava, sapeva che le loro azioni erano tutt'altro che lodevoli, eppure desiderava che lo rispettassero quel tanto da accoglierlo tra le loro fila."

Questo senso di smarrimento e di sospensione – che molti riconosceranno come tristemente vicino alla condizione del precariato accademico contemporaneo – attraversa tutto il romanzo. Robin si sente sempre “altro”: è straniero, è diverso, ma è utile finché serve. Attraverso i suoi occhi, Kuang dà voce al disagio e all’umiliazione che oggi vivono tanti ricercatori e studiosi: coloro che hanno sacrificato tutto per un sistema che spesso non li protegge, non li premia, e non li riconosce.

Ma Babel non si ferma qui. È anche e soprattutto una denuncia feroce del colonialismo culturale e linguistico. La lingua, la traduzione, il sapere diventano strumenti di potere, di sottomissione, di sfruttamento. Le minoranze vengono assimilate, saccheggiate, fagocitate da una cultura dominante che si veste di nobili ideali ma agisce per puro tornaconto. È un libro tragico, cupo, senza scampo. Un romanzo che brucia più che brillare – e proprio per questo non si riesce a smettere di leggere.
La prosa è raffinata e coinvolgente, capace di trascinare il lettore nel complesso universo interiore di Robin. Alcune sezioni risultano forse troppo dense, appesantite da lunghe disquisizioni filologiche e storiche, ma non mancano momenti di grande intensità emotiva. Se nei passaggi tecnici il romanzo può apparire pedante - per chi non è appassionato di certe tematiche- nella descrizione delle dinamiche umane e politiche rivela tutta la sua potenza.

Cosa lascia la lettura di Babel? Innanzitutto, una sensazione di inquietudine e coinvolgimento morale. Questo non è un libro che si limita a intrattenere – anche se, certamente, riesce a farlo con intelligenza.
È un’opera che interpella, sfida, costringe a prendere posizione. Un dark academia nel senso più pieno del termine: prolisso, forbito, via via sempre più oscuro, che mescola elementi del dramma ottocentesco con riflessioni attualissime su identità, potere, violenza e cultura.
Non è una lettura semplice. Ma, forse, una lettura necessaria.

martedì 1 luglio 2025

"La versione di Mati" di Eva Milella

Forse vi sarà capitato, come è capitato a me, di scoprire che i vostri cari non sono quegli esseri perfetti e impeccabili che immaginavate. Sono umani, pieni di difetti e contraddizioni. 
Ma è proprio questa umanità a renderli incredibilmente affascinanti, non trovate?

Con una voce brillante e acuta, "La versione di Mati" ci trascina nel mondo di una bambina di undici anni cresciuta in un equilibrio precario tra anticonformismo e silenzi familiari.

Mati è sveglia, ironica, e ha imparato a decifrare il mondo con gli strumenti – spesso strambi – che le ha dato sua madre, una psicologa dal metodo educativo molto personale. Quando, senza spiegazioni, la madre la affida alla nonna eccentricamente mondana e ignota, Mati si ritrova in un universo fatto di cene esagerate, tornei di Burraco e vestiti luccicanti, popolato da personaggi al limite del surreale.

Eva Milella costruisce una narrazione ipotattica e colta, piena di ritmo, attraverso gli occhi intelligenti e taglienti di una protagonista che nessuno sembra voler davvero ascoltare. 

Ed è proprio questa la forza del romanzo: dare finalmente spazio alla "versione di Mati", fatta di osservazioni sagaci, domande scomode e intuizioni che sfuggono agli adulti.
Una lettura vivace, intelligente e profondamente umana, che parla di identità, diversità, ascolto e della forza delle parole, anche quando arrivano da una bambina.

Un libro breve e frizzante, una lettura perfetta per l'estate.
Vi ho incuriosito? Spero proprio di sì.