martedì 31 maggio 2022

"L'isola di Arturo": il complesso mondo interiore di un adolescente


Un ragazzo, un’isola, un complesso, appassionato mondo interiore: sono questi i principali elementi del romanzo “L’Isola di Arturo” di Elsa Morante, pubblicato nel 1957 da Giulio Einaudi Editore nella collana supercoralli, vincitore del prestigioso premio Strega nello stesso anno. È il secondo libro di Elsa Morante, già autrice molto nota per altri romanzi e numerosi racconti.  
Si tratta di un romanzo di formazione, ambientato intorno al 1937, alla vigilia della seconda guerra mondiale, in un’isola sperduta del Mediterraneo, l’isola di Procida. Il protagonista coincide con il narratore, racconta in prima persona la sua storia e mescola l’ingenuità della sua età alla visione disincantata di un Arturo adulti, che spesso riesamina i propri comportamenti alla luce della maturità raggiunta, anche se non viene mai specificata l’età del narratore nel momento in cui parla del suo passato. 
Ci sono altri personaggi, ma per quanto la loro presenza sia rilevante ai fini della storia, vediamo queste figure solo come riflessi in uno specchio, per via della percezione che Arturo ha di essi e delle reazioni che suscitano in lui.  

La giovane madre di Arturo, una donna di soli diciotto anni, è morta dandolo alla luce, perciò il bambino ha trascorso la sua primissima infanzia in compagnia di un ragazzo, Silvestro, il suo “balio”, l’unico ad occuparsi di lui durante i lunghi periodi di assenza del padre.  
Quando anche Silvestro lo lascia, il ragazzino rimane solo, trascorrendo le sue giornate a fantasticare sui libri di guerra e a progettare viaggi nel vasto mondo, nutrendo il desiderio di visitare tutti i luoghi meravigliosi che immagina siano stati visitati da suo padre.  
Il padre Wilhelm, per Arturo, è una figura che ha idealizzato come una sorta di superuomo, insuperabile per bellezza, coraggio e forza.  

La vita di Arturo, per anni, si ripete sempre uguale: lunghi periodi di solitudine si alternano a brevi intervalli durante i quali il padre torna a casa. In questi periodi Arturo cerca sempre di farsi notare da lui, di compiere prodezze di ogni genere davanti ai suoi occhi per conquistare la sua stima, per ottenere un complimento, o anche più semplicemente una parola gentile, una carezza.  
Wilhelm è un uomo freddo e distante, ha sempre la mente altrove, e trascura suo figlio con indifferenza. La sua stessa madre gli diceva che era tanto cattivo da essere identificabile con l’uomo di cui ipotizza in quel passo del vangelo, in cui Gesù chiede chi è quell’uomo che darà un sasso al figlio che gli chiede un pezzo di pane.  
Ma Arturo è cieco all’egoismo del padre, lo ama con tutto sé stesso e vive nella sua adorazione, pur dovendosi accontentare delle briciole del suo tempo.  
Un giorno la quotidianità di Arturo cambia: il padre, di ritorno dall’ennesimo viaggio, annuncia che presto porterà nell’isola la sua nuova moglie. Si tratta di una giovane ragazza napoletana, Nunziata, che ha appena sedici anni.  
Al momento del suo arrivo, Arturo ha quattordici anni e, a causa dell’assenza della madre o di sorelle, non ha figure femminili di riferimento, e Nunziata è la prima donna con cui deve condividere lo stesso tetto, perciò sua presenza gli causa non pochi turbamenti.  
Nunziata è buona e gentile, per la prima volta c’è qualcuno che si preoccupa per lui, che lo ascolta e gli fa compagnia.  
Arturo prova sin da subito sentimenti contrastanti nei confronti di Nunziata. All’inizio è geloso delle attenzioni e dei regali che suo padre le riserva, pur restando interdetto dinanzi alla valenza con cui la tratta, periodo tuttavia breve, poiché subito l’uomo riprende le abitudini di viaggiare e tornare di rado a casa.  
A quel punto, per molti mesi, Arturo e Nunziata vivono insieme, da soli, ma Arturo respinge ogni gentilezza della matrigna, è sempre scortese con lei, non vuole chiamarla mamma e non riesce neanche a chiamarla con il suo nome, è persino infastidito dalla sola idea di provare affetto per lei.  
Ma trascorrono i mesi, Nunziata rimane in cinta di Wilhelm e quando giunge per lei il momento di partorire Arturo ha una reazione inaspettata: terrorizzato del pensiero che possa morire, proprio come sua madre, si rende conto di non odiarla per niente, anzi, solo allora inizia a capire quanto si sia legato a lei.  
Nunziata è forte: sopravvive al parto e dà alla luce un bel bambino biondo che chiama Carmine Arturo, in onore del figliastro e della Madonna del Carmelo.  
Arturo inizialmente pensa che i sentimenti che prova per Nunziata siano soprattutto sentimenti di gelosia, nei confronti del fratellastro, che ha la fortuna di avere una madre che gli dà tanti baci e lo ricopre di attenzioni, quelle attenzioni materne che non ha ricevuto mai.  
Diventa geloso al punto di inscenare un suicidio solo per attirare l’attenzione su di sé, gesto incosciente che rischia di essergli fatale.  

Si salva solo grazie al suo fisico robusto, e durante la convalescenza riceve le tanto agognate cure di Nunziata, che lo rendono felice.  
Quando si riprende del tutto, per ringraziarla, sorprende la matrigna con un bacio. Bacio al quale Nunziata si sottrae, sconvolta, perché nonostante sia attratta da Arturo, è molto credente e vuole essere una moglie fedele. Arturo ferito dal rifiuto, non comprende le sue ragioni. Affamato d’amore com’è, non si rende neanche perfettamente conto del significato di quel bacio.  
Solo quando una sfacciata amica vedova di Nunziata diventa la sua prima amante, il ragazzo si rende conto di quale genere di amore lo leghi a Nunziata: l’amore di un uomo attratto da una donna, non l’amore di un orfano in cerca di una figura materna. 
In quello stesso periodo Arturo inizia a vedere il padre per ciò che è, un uomo spregevole ed egoista che trascura il figlio e tratta la sua dolcissima moglie, come se non esistesse, una donna meritevole di ogni onore, che lui ricoprirebbe di gioielli e amore, se solo potesse.  
Infine scopre la vera ragione dietro i numerosi e continui viaggi del padre, ossia trascorre le giornate in campagna di una amante, Tonino Stella, che trascorre del tempo con lui solo in cambio di denaro.  
Disgustato dalla seconda vita del padre, che ha preferito l’amore a pagamento di un estraneo a quello vero e sincero di chi lo ama veramente, Arturo dichiara a Nunziata il suo folle amore per lei, proponendole di scappare dall’isola, e di vivere insieme promettendole tutto il rispetto che merita e l’amore che Wilhelm non le darà mai.  
Cerca di baciarla e i due hanno una cruenta colluttazione, durante la quale lui la ferisce strappandole un orecchino.  
Il ragazzo capisce che, nonostante Nunziata in fondo ricambi i suoi sentimenti, purtroppo è sposata, e non potrà mai accettarli.  

Si rende conto di non poter più vivere sotto lo stesso tetto delle donna che ama senza stare insieme a lei, perciò, presi i propri pochi averi, decide di abbandonare per sempre l’isola di Procida, per arruolarsi in guerra come volontario. 
Arturo ha diciassette anni quando abbandona l’isola di Procida, la sua isola, l’isola di Arturo. 
Il romanzo percorre tutte le fasi della vita del ragazzo, la sua fanciullezza, trascorsa fra solitudine e sogni, la tormentata adolescenza, il passaggio nell’età adulta avvenuto in modo quasi improvviso, in pochi mesi, sufficienti però a far cadere i veli di tutte le sue illusioni.  

“L’isola” del titolo del libro non è solo quella di Procida, dove la storia è ambientata. È il modo di vivere del protagonista, solo con i suoi pensieri, senza un amico o un genitore, con il quale confidarsi o aprirsi, che vive in un cerchio strettissimo di affetti e in quel piccolo cerchio deve fronteggiarsi con le proprie emozioni sempre estreme, nel bene e nel male, un piccolo terreno di guerra dove tutto è ingigantito.  
Arturo ha vissuto per anni proprio come un’isola, lontano da tutto e da tutti, ignaro persino degli avvenimenti contemporanei, perso nei propri irreali sogni di gloria. La partenza dall’isola, senza guardarsi indietro neppure una vita, è una conclusione che si apre ad una duplice interpretazione.  

Può essere visto come l’abbandono di un mondo che lo ha deluso, con la speranza che fuori dall’isola esista un luogo in cui potrà trovare la felicità.  
Oppure il finale si può considerare come una definitiva resa di Arturo dinanzi all’inevitabile sofferenza della vita, dal momento che decide di arruolarsi in guerra, dove già sa che vivrà altro orrore ed altro dolore, e questa scelta potrebbe nascere dalla convinzione che crescere non significhi altro che passare da un’agonia all’altra senza potersi ribellare in alcun modo al destino spietato.  

Al di là di queste molteplici visioni del significato del romanzo, si tratta sicuramente della storia di un ragazzo che diventa uomo, vivendo situazioni che non tutti gli adolescenti devono affrontare, ma trovandosi a lottare contro gli stessi sentimenti che si agitano nel cuore di quasi ogni ragazzo, nel modo totalizzante tipico della giovinezza.  
Un libro che non può non far riflettere sul proprio personale vissuto adolescenziale, e pur nelle sue unicità e assurdità delle vicende è possibile provare una sorta di sentimento di solidarietà nei confronti di questo protagonista.

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