mercoledì 16 giugno 2021

"La sagoma ( favola crudele)" di Daniela Carmosino

La Sagoma ( favola crudele), pubblicata dalla casa editrice RPlibri nella collana La casa di Lilù, è un'opera Daniela Carmosino, docente universitaria di Critica e Letterature Comparate presso l'Università della Campania Luigi Vanvitelli.   

"Ecco Celeste" queste le prime parole del libro, che si apre con la nascita di una bambina il cui nome richiama il colore del cielo in primavera , ma dal destino cupo come un mattino di Novembre. 
Infatti il giorno in cui apre gli occhi sul mondo, ad attenderla non trova due genitori amorevoli bensì una famiglia distrutta. 
Il padre non ha voluto neppure vederla, ha abbandonato sua madre in maniera definitiva, dopo una relazione a singhiozzi, lunga e burrascosa, lasciandola con tre figli e incinta di lei. 
La donna, incapace di affrontare la situazione, è aiutata dei parenti, in particolare della sorella Elsa, sola a causa della morte del futuro sposo:  una "vedova nubile", come viene tristemente definita, che si attacca a Celeste in modo morboso e quasi ossessivo. 
Celeste si sforza di decifrare la complessa realtà che la circonda. La giovane età le impedisce di comprendere appieno le ingarbugliate dinamiche familiari, intessute di tacite sofferenze. 
La madre non sa gestire i figli maggiori, che, costantemente in lotta l'uno con l'altro, non riescono a convivere pacificamente: ritratto di una famiglia disunita, che dà vita ad una quotidianità agli occhi della zia Elsa poco sana e persino pericolosa. Un giorno Celeste, proprio durante una lite particolarmente accesa tra i fratelli Angelo e Beatrice, si fa male e la zia, dando la colpa alla sorella, decide di portarla a casa sua e prendersene cura personalmente. 
Nella sua limitata comprensione, Celeste ha così la percezione che l'unica figura di riferimento, capace di garantirle stabilità e presenza costante, sia  zia Elsa, persona in realtà estremamente manipolatrice, incapace di amare il prossimo o sé stessa. 
Con lei Celeste instaura uno strano rapporto: è dipendente dalla sua presenza, anche se allo stesso tempo considera opprimente la sua grande casa vuota e fredda. 
La figura autoritaria della zia condizionerà Celeste per anni. 
Riuscirà ad analizzare consapevolmente il suo attaccamento mascherato da affetto e ad affrancarsi da un  rapporto soffocante e sbagliato? 

La storia verte intorno a tre personaggi principali: Celeste, sua madre e zia Elsa, che possono rappresentare rispettivamente l'ingenuità, la sconfitta e la manipolazione. Esempi diversi di donne che diventano le protagoniste di questa "favola crudele" al femminile, dove l'universo maschile rappresenta una forza prepotente, ma parte dello sfondo. 

L'onnipresente zia Elsa è uno dei personaggi più controversi del romanzo. Si presenta come una donna rassicurante nelle prime pagine tuttavia, durante la storia, assume lentamente fattezze gigantesche, quasi mostruose, diventando ingombrante e titanica.
Celeste per lei, costituisce una sorta di rivalsa, un modo per riempire il vuoto lasciato dalla morte dell'uomo che amava: l'ombra della famiglia che avrebbe potuto avere e le è stata negata, concessa invece ad una donna incapace di essere una buona madre e ad uomo che non aveva nessun desiderio di essere padre. 

La mamma, spettro di chi avrebbe potuto essere, è una persona estremamente fragile, priva di voce e di un volto definito.
Una donna senza polso, divorata dal dolore e dalla solitudine, che si lascia attraversare dalla vita. È ancora più assente del padre, perché, sebbene sia presente, la sua presenza è del tutto irrilevante. 

Celeste, senza voce proprio come sua madre, è totalmente vittima degli eventi e succube delle decisioni altrui. 
Viene allontanata dalla sua casa e dalla sua famiglia, come se fosse soltanto l'immagine di una fotografia, da poter strappare  e inserire a forza in un altro contesto, che diventa per lei fonte di sofferenza e dipendenza. Convinta però che sia un ambiente più sano, vi si aggrappa a tutti i costi. Eppure, dove si tratteggia il confine tra opportunità da cogliere e gabbia da cui non si può scappare? 
Celeste infatti non è un'eroina, ma una protagonista che perde la sua tridimensionalità vivendo all'ombra di chiunque la sovrasti, chinando il capo, vinta, schiava delle parole che vengono usate contro di lei. Parole che la incatenano e le negano il diritto di esprimere un'opinione, imponendole chi deve e non deve essere. Anche perché ha compreso che, se perde l'identità e si adatta perfettamente a restare nei confini in cui gli altri cercano di incasellarla, sarà apprezzata ed amata. 

"Alfredo, invece, è una gioia come ti spara
quei dentoni luccicanti
in agguato sotto i baffi da sceriffo. 
È la prima volta che lo dici e tutti ridono: 
-È vero, tua figlia ha ragione, Alfredo sembra proprio 
uno sceriffo. 
-Ma come le vengono, io non lo so. 
-Certo che è proprio una sagoma, questa bambina.-
Tu la parola sagoma non la conosci, 
ma quel giorno la impari: 
una sagoma tutti la guardano, tutti l'ascoltano
anche la mamma, sorride con gli occhi azzurrissimi
persino la nonna. 
Una sagoma fa felici tutti."

Da ciò il titolo La sagoma, metafora della quale Daniela Carmosino -in un'intervista per la presentazione online del libro- ha definito con precisione il duplice significato:

"La sagoma ha due significati: è un personaggio divertente ma anche una figura piatta, una figurina, qualcosa da ritagliare e da impagliare a piacimento."


Una sagoma fa felici tutti perché non si ribella, non sfugge alle definizioni. 
Una sagoma è quindi una personalità costruita, una figura che segue i suoi contorni unendo sul foglio bianco della propria esistenza i puntini che qualcun altro ha tracciato.

La narrazione di Daniela Carmosino è molto particolare, infatti racconta la storia di Celeste lasciando proprio la protagonista in ombra, per sottolineare il suo ridottissimo potere decisionale. Marcello Carlino -critico letterario- nella prefazione definisce questa particolare narrazione "in controluce".
Il lettore ha una panoramica speciale sulle vicende, infatti la voce narrante - che scoprirà essere la voce della protagonista da adulta- si rivolge con la seconda persona presente alla sé stessa bambina, ripercorrendo con consapevolezza la propria vita, svelando l'ambiente che l'ha accolta, l'afflizione di sua madre, i dolori adolescenziali dei fratelli -a lei incomprensibili durante l'infanzia- e gli abusi psicologici di cui è stata vittima. Mostrando come sia stata sempre manipolata ed influenzata dagli adulti che si illudevano di educarla, invece le impedivano di esprimersi.
L'autrice vuole sottolineare la potenza creatrice e distruttrice del linguaggio, soffermandosi sull'impatto negativo che una comunicazione sbagliata può avere sulla crescita.
E per farlo si serve di un interessante prosimetro dalla musicalità nostalgica, il cui scopo è proprio emulare, tramite anafore e metafore, le frasi affilate che i genitori rivolgono ai figli sin da piccolissimi, plasmandoli per piegarne il carattere, ingabbiandoli così in ruoli che li rinchiudono e li definiscono. E spesso li portano da grandi alla ricerca di situazioni simili a quelle vissute in tenera età.

Nella stessa intervista ha infatti detto:

"I codici con cui ci rivolgiamo ai bambini possono distruggere sul nascere la loro personalità, dire sei una sagoma, come sei spiritosa, significa portare una bambina ad identificarsi con il fatto di essere spiritosa. E come dire se sarai cosi io ti amerò e gli altri ti ameranno, altrimenti se non sarai cosi io non ti amerò e gli altri non ti ameranno."

Il linguaggio è quindi l'elemento chiave del libro. Così Daniela Carmosino ne ha spiegato lo stile:

"Quasi tutte le parole nelle scene dell'opera e quasi tutte le espressioni hanno un doppio significato, come il titolo, e ciò racchiude il fatto che il linguaggio può creare attraverso la nominazione, ma può anche uccidere. Lo stile perciò si modella sul contenuto e serve a mostrare l'ambiguità. Andare a capo, mettere una sola parola tra il verso precedente e il successivo vuol dire lasciare un vuoto: nel vuoto la parola risplende e nel risplendere mostra l'ambiguità, la parola va snidata e gli  spazi bianchi e gli a capo servono a snidarla e a metterla in figura gestalticamente per mostrarne l'inganno.
Infine nelle ultime pagine del libro c'è una rarefazione totale della prospettiva di Celeste ridotta a versicolo, una forma che mima il contenuto, per mimare il rarefarsi dell'identità."

Così 
sei diventata 
Celeste 
una piccola sagoma scura
di spalle 
contro un sole sbiadito nel sole
fragile
esposta agli attacchi improvvisi.

E agli inganni. 


Inoltre significativi disegni realizzati dall 'autrice arricchiscono il romanzo e ne rafforzano il messaggio, rappresentando la visione di Celeste del mondo intorno a sé.


"La sagoma" è un racconto autentico di donne: di maternità mancate e cercate, di amore perduto e incompreso e di lunghi silenzi.
Un testo di rara bellezza e profondità, intenso pur nella sua brevità, che indaga l'animo umano e induce il lettore a riflettere e ad interrogarsi su quanto le parole degli adulti ne abbiano influenzato la personalità, o se egli stesso stia consapevolmente o inconsapevomente condizionando un bambino, e gli suggerisce di fare attenzione, perché la manipolazione ha la forma di una catena psicologica invisibile, ma capace di lasciare segni indelebili e di rendere difficile, anche a distanza di molti anni, intraprendere un vero percorso di autodeterminazione.
Un piccolo capolavoro, consigliato a tutti.

Nessun commento:

Posta un commento