venerdì 4 settembre 2020

Capitolo 7 ~ Dreamless boy


 
Quando Alessandro entrò in classe, quella mattina, si accorse subito del cambiamento. Il posto accanto a quello di Matilde, una sua compagna che sedeva al primo banco, non era vuoto come al solito, ma c’era una ragazza seduta. La riconobbe subito. 
Era la ragazza che aveva visto nel suo sogno. 
Vederla lì, nella sua classe, alla luce del sole, gli toglieva ogni dubbio riguardo i suoi poteri. I suoi capelli erano davvero color argento, come li aveva dipinti la luce della luna quella notte, fili biondi, quasi bianchi, e lisci. Le contornavano il viso, e una folta frangetta le finiva sin sugli occhi, dandole un’aria perennemente corrucciata e un po’ infantile. 
Gli occhi. 
Ora che poteva vederli aperti, si rese conto che erano di un colore molto chiaro. Da lontano non riusciva a distinguerli bene, ma sembravano riflettere la luce in maniera unica. 
Anche le ciglia, le sopracciglia, la sua pelle. Tutto era candido, in lei.
Anche i suoi vestiti, erano tutti bianchi. Nessuno, al suo posto, li avrebbe indossati. Qual era il suo intento? Provocare, giocando con il suo aspetto?
Non aveva mai visto una ragazza così. Cosa aveva? Perché era così… così bianca? 
In un istante, capì. Doveva essere albina. Non era brutta. Era bella, ma di una bellezza fragile, delicata. Somigliava ad una fata appena uscita dal suo nascondiglio fra le foglie, che guardava tutto e tutti con diffidenza, chiedendosi se fidarsi o meno degli uomini. 
Mentre la guardava, si rese conto che anche lei lo stava fissando. I suoi occhi sembravano senza espressione, due laghi ghiacciati. 
Guardandola, Alessandro provò di nuovo la sensazione che aveva provato la prima volta, il giorno prima, quando l’aveva vista dietro il vetro della finestra: quello strano presentimento di conoscerla, sebbene fosse sicuro, praticamente certo di non averla mai vista, e si sentiva travolto da strane sensazioni. Un misto di attrazione e curiosità, sentimenti che non aveva mai provato per nessuno. 
Si chiese se lei provasse la stessa cosa, se avesse l’impressione di conoscerlo. 
Quando Roberto gli tamburellò la spalla con un dito si rese conto di essersi fermato per alcuni istanti a guardarla, e con imbarazzo corse a sedersi. 
Smise di guardarla, ma continuava a sentire il peso di quegli occhi, quello sguardo severo che gli attraversava la schiena. 
-Cosa ti è successo? – gli chiese il suo amico. Sembravi pietrificato, mentre guardavi quella ragazza. – 
Alessandro cercò di spiegarsi a parole, ma si accorse di non esserne in grado. Come spiegargli che l’aveva vista il giorno prima, e la notte precedente, mentre dormiva? Come fargli capire cosa sentiva, quella sensazione di conoscerla da sempre? 
-E’ per il suo aspetto insolito, non è vero? E’ albina, è ovvio. – 
-Non avevo mai visto una ragazza albina – si giustificò lui. 
-Nemmeno io – disse Roberto – ma non credo che avresti dovuto fissarla in quel modo, è scortese. Se io fossi al suo posto, non mi farebbe piacere essere guardato in quel modo. – 
Concluse, rimproverandolo, iniziando a trarre dallo zaino penne e quaderni, con calma. 
-Non la fissavo per il suo aspetto, in realtà. – si passò una mano su una guancia. –Cioè, indubbiamente è particolare, ma non la guardavo solo per questo. – 
-E allora perché? – Roberto avrebbe fatto volentieri una battuta sulla freccia di cupido che finalmente aveva colpito anche lui, il frigido biondo che sembrava intoccabile dal nobile sentimento, ma si trattenne dinanzi all’espressione seria dell’amico. 
Quello non era lo sguardo di un ragazzo incantato da una bella ragazza. E poi conosceva Alessandro da tanti anni. Sapeva che, se c’era una sola persona che non si sarebbe mai innamorata a prima vista, quella persona era lui. 
Era troppo razionale per una cosa del genere. 
Questo non fece però che aumentare la sua curiosità. 
-Allora? Perché la fissavi in quel modo? – 
Alessandro abbassò la voce e si guardò attorno con circospezione, per accertarsi che nessuno lo stesse ascoltando. 
-L’ho vista, stanotte. – 
Inizialmente, Roberto non capì a cosa si riferisse. Un attimo dopo, però, gli tornarono alla mente i racconti strani dell’amico, riguardo al suo sogno in cui aveva vagato con lo spirito. 
-Aspetta, non starai parlando ancora di quella cosa, il sogno del tuo spirito, che può vagare dove vuole? – 
Alessandro annuì, seriamente. 
-E’ già successo due volte. Due volte, Roberto! E ho visto cose reali! Non si tratta di sogni… è tutto vero! – 
Roberto scosse la testa, scettico.
-Chi lo avrebbe mai detto? Tu, che fra di noi sei sempre stato quello realista, il ragazzo con la testa sulle spalle, che ammattisce in questo modo? Si lascia influenzare da un paio di sogni? Non mi dirai davvero che credi a simili sciocchezze! – 
Alessandro fece per protestare, ma Roberto continuò, senza lasciarlo parlare. 
-Mi rendo conto che sognare è bello. Soprattutto per te, dal momento che è la prima volta. Ma vedi, anche se alcuni sogni sono magnifici, per loro stessa natura non sono reali, non lo faranno mai… anche quelli più belli. – 
Alessandro rimase in silenzio. 
-Anche tu vorresti che i tuoi sogni diventassero realtà? – 
-Sì – sorrise, fra sé e sé – soprattutto uno… - 
-Davvero? Quale? – 
Roberto distolse lo sguardo. 
-Lascia perdere, è quasi impossibile. Comunque… nessun sogno è reale. Devi smetterla di credere che lo sia. Ti farai solo del male! – 
Alessandro allargò le braccia. 
-Sai che non esiste nessuno più cinico di me. Non credo a niente, se non possiedo prove concrete. Infatti sospetto di avere delle capacità, perché possiedo delle prove. –
-Ad esempio? – 
-Ad esempio il messaggio di mio fratello! Oppure l’aver visto quella ragazza! – 
Roberto scosse la testa, sempre più incredulo. Alessandro lo capiva. Anche lui, al suo posto, avrebbe reagito allo stesso modo. Lo sapeva, eppure per qualche ragione il suo atteggiamento lo feriva. 
Evidentemente il suo viso assunse un’espressione delusa, perché Roberto sembrò notare quanto ci era rimasto male. 
Non poteva sopportare di vedere il suo migliore amico in quello stato. Era sempre stato per lui una certezza, come il faro in un porto per i pescatori sballottati dalle onde selvagge. 
Non poteva lasciarlo impazzire senza far nulla. Doveva trovare una soluzione.
Schioccò le dita, perché gli era venuta un’idea. Alessandro lo guardò con interesse. -Non puoi pretendere che io ti creda ciecamente. Però, se io avessi una prova inconfutabile, innegabile, evidente, non potrei non credere alle tue parole, per quanto ora mi sembrino assurde. È ciò che faresti tu, no? A furia di camminare con un amico zoppo… - disse, strizzando l’occhio, accennando ad un famoso detto popolare.
…si impara a zoppicare, concluse mentalmente Alessandro. E ad andare con un sognatore? Si impara a sognare? L’idea lo fece ridere.
-Allora, che prova hai pensato? – 
-Semplice. Sai dove abito. Lascerò un libro aperto sul mio comodino, questa notte, e tu mi dirai quale libro ho scelto, e la pagina a cui era aperto. Se sei davvero in grado di fare ciò che sostieni, una cosa simile non ti sarà per nulla difficile – 
Alessandro annuì. Sarebbe stato semplicissimo. –A quel punto mi crederai? – 
-Certo- 
Alessandro gli credeva. Una delle migliori qualità del suo amico era la lealtà. Dunque gli strinse la mano. 
Subito dopo arrivò in classe l’insegnante di italiano. Era la stessa da quattro anni, e conosceva bene i suoi studenti. E sembrava conoscere bene anche la nuova arrivata. 
-Brava Natalia, vedo che ti sei già sistemata dove ti avevo detto – 
La ragazza annuì. 
-Gli altri ragazzi ti hanno accolta bene? Ti piace la nostra classe? – 
Lei annuì e guardò la sua compagna di banco.
-Stavamo già facendo amicizia – assicurò Matilde, con un gran sorriso. Era veramente contenta di non essere più sola, e quella nuova ragazza le sembrava già simpatica.
-Bene- l’insegnante era soddisfatta. 
Si sedette, e guardando tutta la classe, rese ufficiale l’arrivo della ragazza. 
-Come avete potuto vedere, d’ora in poi avremo con noi una nuova studentessa. Si chiama Natalia Angela Sferrati. – 
Quel nome le uscì delicatamente dalle labbra, come una cosa preziosa. 
Alessandro si voltò verso la ragazza.
Natalia. 
Dunque, era quello il suo nome. Le stava bene. Non appena si sentì chiamare, lei si sedette più dritta sulla sedia. I lisci capelli sembravano oscillare ad ogni suo più piccolo movimento. Era consapevole di avere su di sé gli occhi dell’intera classe, Alessandro ne era certo, ma non sembrava che la cosa la turbasse.
-Natalia, dicci qualcosa di te – la invitò l’insegnante, che non riusciva a nascondere uno sguardo di sorpresa. 
Evidentemente neanche lei aveva visto molte persone albine, nella sua vita. 
-Cosa dovrei dire? – domandò lei, freddamente. 
-Da dove vieni? – 
-Da un altro liceo scientifico – era chiaramente intenzionata a dare poche informazioni sul suo conto. 
Poi, come se si fosse improvvisamente ricordata di un consiglio, aggiunse, con un sorriso un po’ forzato: -Spero di trovarmi bene- 
La professoressa sorrise, prima di fare l’appello. 
-Accadrà certamente, signorina. – 
Per la prima volta, Alessandro aveva udito la sua voce. Era un po’ diversa da quella che aveva udito quando aveva toccato le ombre. 
Era delicata come un soffio di vento, forse un po’ inespressiva, come il gelo. 
Sembrava una voce assolutamente adatta a lei. Era limpida e vibrante, quasi come un canto. 
Persino l’insegnante sembrava colpita dalla sua voce, così dolce e ferma, ma non le chiese altro ed iniziò tranquillamente la sua lezione. 
Durante l’intervallo le ragazze della classe raggiunsero la ragazza, e la circondarono. Erano curiose, volevano sapere di più su di lei, ma avevano l’espressione strana di chi temeva di essere indiscreto. 
Le fecero alcune domande. Natalia non si sottraeva a nessuna di esse, anche se non rispondeva mai con trasporto, e a volte non forniva risposte del tutto esaustive. Sembrava cercasse di mantenersi sulle sue, ma il suo era chiaramente un atteggiamento forzato, probabilmente autoimposto dall’imbarazzo.
Alessandro non si avvicinò perché non voleva essere di troppo, ma non poté fare a meno di ascoltare. 
Una delle prime domande che le rivolsero riguardava il suo aspetto. Tutti volevano sapere se fosse albina.
Natalia aveva l’aria di chi aveva dovuto rispondere a quella domanda almeno un centinaio di volte. 
-No, non lo sono. Gli albini hanno numerosi problemi alla pelle e agli occhi, sono molto delicati… io no. Semplicemente, sono nata così. – 
Le ragazze erano sorprese. 
-Che strano – commentò una ragazza con i riccioli.
-Lo so… - sorrise lei, sorniona. 
Alessandro si sentì uno stupido. Anche lui e Roberto avevano creduto che fosse albina. 
-Da dove vieni? – 
Glielo chiesero ancora, come aveva fatto l’insegnante. Ma anche questa volta lei evitò di rispondere, lasciando intendere- accompagnando le parole con un sorriso dolce ma fermo - che su quel punto non avrebbe detto nulla. 
Le ragazze furono gentili con lei, cercarono di metterla a suo agio, le facevano complimenti e si presentavano. Natalia sorrideva a tutte, cordialmente, ma dopo un po’ assunse un’aria stanca, l’aria di chi si sente fuori posto. Alla fine delle lezioni fu l’ultima ad uscire, rivolgendo un saluto ad ogni ragazza che le si era presentata. 
Qualcuno era venuto a prenderla in auto. Alessandro la vide da lontano entrare nell’automobile. La guardò sparire, la chioma chiara che splendeva come ghiaccio al sole dietro la sua schiena. 
-E’ molto strana – commentò Roberto, avvicinandosi a lui.
-La si potrebbe quasi definire graziosa – aggiunse – se non avesse quello sguardo così inquietante. È come se avesse paura di qualcuno, o di qualcosa, e fosse sempre in allerta. Tu cosa pensi? – 
Alessandro ci pensò su. 
Natalia, la ragazza dai capelli chiarissimi e la pelle candida come neve, che giocava con la sua diversità vestendosi di bianco, aveva dichiarato di essere normale. Ma non poteva esserlo. 
Le altre ragazze erano fatte di carne e di sangue, legate alla terra. Lei invece era fatta di nuvole e aria, non apparteneva al loro mondo. 
Voleva spiegare tutte queste cose ad Roberto, ma non avrebbe saputo come fare, quali parole usare. Per cui si limitò a ripetere che era proprio lei, la ragazza che aveva visto in quella casa. Gli raccontò dell’ombra, e delle voci delle piante e delle scie colorate. 
-Crederò quando superai la prova che abbiamo stabilito – dichiarò il suo amico, strizzandogli l’occhio. 
-Stanotte sapremo la verità- concluse, in tono plateale. 
Cercava di scherzare, di dissimulare il brivido che gli percorreva la schiena quando Alessandro gli parlava delle sue strane capacità. Perché era assurdo, non era per niente normale, e una parte di lui sperava che si sbagliasse, che non fosse vero, che fosse il solito Alessandro, quello che conosceva da anni, nulla di meno e nulla di più. 
Alessandro però, in cuor suo, conosceva già la verità. Dopo due notti, ormai non aveva più dubbi. 
E Natalia, in qualche modo, era legata a questo suo segreto. Era lei, lei che gli aveva tolto ogni dubbio.
 
 
 

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