"Il mare. Non mi erano mai piaciute le strade. Le strade indicano una direzione, segnano un percorso. A me piaceva perdermi. Il mare non aveva strade. Non poteva impormi guide, ma solo onde in grado di spingermi."
"Il Cigno e la Ballerina" è il romanzo d'esordio di Lucia Carluccio, pubblicato dalla casa editrice Dario Abate Editore.
La storia si concentra su Caroline, giovane donna afflitta da allucinazioni debilitanti e ansie atroci e costanti che le impediscono di vivere una vita normale. I familiari, che non riescono a comprendere le sue difficoltà, decidono di affiancarle uno specialista che possa aiutarla a guarire. Così Caroline conosce Paul Carme, psicanalista che la ascolta e la aiuta a ripercorrere i momenti salienti della sua vita per analizzare il suo io interiore e comprendere da dove nascono le sue più profonde debolezze per poter estirpare i disturbi che esse causano, e abbracciarle in quanto normalissime fragilità che sono parti di lei.
"La fragilità di un uomo ha qualcosa di sacro: brilla come gli occhi di un Dio che ci salva."
Sarà un percorso lungo e travagliato, e saranno entrambi a farsi del male. Riuscirà Caroline a guarire?
Lucia Carluccio, nella prefazione, illustra ai lettori la sua opera, frutto di approfonditi studi e meditate metafore, spiegando anche che il titolo racchiude "le immagini - emblema della narrazione: il cigno e la ballerina (...) simboli che con le loro fluttuazioni rappresentano i movimenti cosmici che oltrepassano la conoscenza del tangibile e descrivono la sincronicità che costella la vita dei personaggi e di ogni uomo."
L'autrice con questo romanzo drammatico, coinvolge il lettore in una narrazione intimista e profonda, che travalica i confini dell'opera letteraria per avvicinarsi al flusso di coscienza.
Caroline, la protagonista, guidata dalle sapienti domande del terapista e incoraggiata dalla sua disponibilità all'ascolto, si sente finalmente compresa e diventa un fiume in piena: vomita le proprie paure, ricorda la nascita delle sue fobie.
Si racconta al dottore - per la prima volta nella sua vita - senza tentare di nascondersi né di apparire migliore. Non manca di raccontargli dei suoi numerosi amanti, fra le cui braccia cercava un conforto emozionale e carnale che si illudeva ogni volta di trovare, ma che in realtà non è mai riuscito a soddisfarla né a riempirla.
"Io, invece, sentivo di avere un mondo troppo grande per un corpo solo, per una donna sola, per una vita sola. E mi ritrovavo a vivere più vite, a essere più donne, a servirmi di più corpi. Enrico non era il solo. All'inizio avevo creduto di non dover chiedere di più. Ma poi, chiaramene, avevo capito che né lui, né nessun altro mi sarebbe bastato."
Narra la sua passione per la scrittura, l'amore per la poesia, e mentre racconta si accorge che, forse, aveva sempre saputo quali cose elevavano e nutrivano davvero la sua anima, affamata di amore ed infinito.
"Non si vive per morire. E io non correvo per arrivare. Non scrivevo per finire un compito, dettato da una maestra severa ed esigente. Scrivevo perché esistono persone che nascono per scrivere, e io ero una di quelle."
Nella vita è necessario accettare la propria identità senza finzione né nascondimento, perché altrimenti quel che non vogliamo vedere ci perseguiterà continuamente.
"Puoi pure andare in giro per il mondo, ma qualsiasi forma saprà dei lineamenti dei volti in cui ti sei vista, come in uno specchio che inganna. L'erba bruciata rinasce, tutto ciò che neghi cresce."
Anche il dottor Carme ha i propri demoni, ed assistere alla lenta riconciliazione di Caroline con i propri gli darà la forza per perdonare i propri. Grazie a Coraline, il dottore rafforza la sua fede nel destino, a confidare nell'esistenza di un Dio buono e clemente che in qualche modo si prenderà cura dei reietti.
"Nella silente e sorda consapevolezza ci sono cose che ci stanno aspettando da sempre e non si muoveranno finché non le avremo raggiunte."
Particolarità del romanzo è la prosa quasi poetica, curatissima e impreziosita da una musicalità ricercata, alterna paratassi e ipotassi per costruire un ritmo cadenzato che ricorda le onde marine, e che ben si accorda con la protagonista senza pace, sempre in cerca di un posto sicuro ma incapace di stare ferma, attratta fatalmente dalla bellezza ruggente delle tempeste, metaforiche immagini del caos emotivo che ha dentro.
"Io volevo la tempesta. Non la quieta che addormenta, o i gerani sul balcone, o la spesa il sabato, o la tavola imbandita per le cene di famiglia. Io volevo la tempesta. La passione che scombussola la testa."
Il romanzo di Lucia Carluccio spiazza dalla prima pagina, non solo per il delicatissimo tema trattato ma anche per la sensibilità dell'autrice, che ha saputo scrivere la storia di una donna intessendone i pensieri come una confortante coperta di parole, frasi in cui è facile ritrovarsi, perché potrebbero essere quelle di qualsiasi altra persona, in qualsiasi tempo, in qualsiasi luogo.
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