mercoledì 10 giugno 2020

Review Party~ "La città di Ottone" di S.A. Chakraborty








"La città di Ottone" (The City of Brass) è il romanzo d'esordio di Shannon A. Chakraborty, una scrittrice americana. Il libro è stato molto acclamato e candidato a numerosi premi di fantascienza e fantasy, tra cui il premio Crawford, il Compton Crook Award, il Locus Award, il British Fantasy Award, il World Fantasy Award. Ha vinto il Booknest, premio per il miglior romanzo d'esordio. 
Il sequel, "The Kingdom of Copper", è stato pubblicato in America con grande successo di critica nel 2019, e più tardi nello stesso anno l'autrice è stata nominata finalista per il premio John W. Campbell. 
La storia si ispira alla leggenda di una città magica, "L'Iram dei Pilastri" (in arabo: Iram at al-'imad), anche detta Ubar, “Irem dalle mille colonne” o "la Città d'Ottone", da cui il titolo. Nel folklore arabo numerose storie la descrivono come una città mercantile situata nel deserto del Rub' al-Khali, probabilmente esistita dal 3000 a.C. al I secolo d.C.
Secondo alcune leggende questa città divenne favolosamente ricca attraverso il commercio tra le regioni costiere e i centri del Medio Oriente e dell'Europa. Nel 1992, in seguito a rilevamenti satellitari, un team di esperti ed archeologi americani ha riportato alla luce antichi reperti che furono attribuiti alla mitica Città di Ottone.
Questa leggendaria città divenne famosa in Occidente per essere stata menzionata più volte nei racconti de "Le mille e una notte."



Diciottesimo secolo, Cairo.
Nahri è una giovane egiziana che non crede nella magia. Sogna di studiare medicina, ma vive di piccole truffe, spacciandosi per una guaritrice.



"Non c’è magia, te lo giuro.» Vedendo la sua espressione scettica, decise di essere più franca. «Sono tutte sciocchezze. Non esiste la magia, non esistono i jinn, non ci sono spiriti in attesa di divorarci. È da un po’ che faccio i miei trucchetti; ormai ho capito che non c’è niente di reale.»
«Le cose che ti ho visto fare...»
«Forse imbroglio meglio degli altri» lo interruppe Nahri, sperando di placare la paura che gli vedeva in faccia. Non era il caso di far scappare il suo unico amico solo perché lei aveva qualche strana capacità. Yaqub scosse la testa. «Comunque i jinn esistono. E i demoni. Lo dicono anche gli studiosi.»
«Be’, gli studiosi si sbagliano. "



Nahri è convinta di non possedere doti speciali anche se, dopo averli curati, i suoi pazienti spesso guariscono davvero e il suo corpo riesce a rimarginare in fretta ogni tipo di ferita, la sua concretezza la induce a spiegare sempre tutto nella maniera più razionale possibile.

"Nahri non avrebbe saputo spiegare come faceva a guarire se stessa e a percepire le malattie altrui, esattamente come non avrebbe saputo spiegare il funzionamento dei suoi occhi e delle sue orecchie. Le sue capacità facevano parte di lei da così tanto tempo che, semplicemente, non metteva più in discussione la loro esistenza. Da bambina le ci erano voluti anni e molte esperienze dolorose per capire quanto era diversa dalla gente attorno a lei, come se fosse stata l’unica persona dotata di vista in un mondo di ciechi. E le sue capacità erano così naturali, così radicate che le era impossibile considerarle come qualcosa fuori dall’ordinario."

Nahri però si trova costretta ad ammettere l'esistenza della magia, quando per errore durante la cerimonia di purificazione di una bambina, evoca un Jinn- un demone del fuoco- di nome Dara.

Non esiste la magia, non esistono i Jinn, non ci sono spiriti in attesa di divorarci.” Le parole decise che aveva rivolto a Ya-qub le tornarono in mente e la schernirono mentre sbirciava sopra la lapide dietro cui si era tuffata quando aveva sentito quella voce. L’aria odorava ancora di cenere, ma la luce nel vialetto continuava ad affievolirsi, come se la figura al centro la stesse risucchiando."
Il Jinn le spiega che lei è una guaritrice, anzi, per la precisione l'ultima rimasta al mondo, quindi non dovrebbe sprecare il suo dono in furti e truffe.


La notte scorsa hai detto che sai scassinare le serrature.»

Dannazione, non gli sfuggiva niente. «Qualche volta accetto incarichi... alternativi per arrotondare i miei guadagni.»
Il daeva socchiuse gli occhi. «Sei una specie di ladra, allora?»
«È una definizione riduttiva. Preferisco pensare a me stessa come a una che si occupa di faccende delicate.»
«Il che non ti rende meno criminale.»"

Dara decide di condurre la ragazza nella magica Daevabad, la leggendaria città di Ottone.
I due vi giungeranno dopo un viaggio attraverso il deserto costellato di difficoltà.


"Sorse una città dalla mappa di fumo: era nel Daevastana, al centro di un lago scuro. Le sue mura brillavano come l’ottone ed erano bellissime contro il cielo nero. «Quella è Daevabad?» chiese. «Sì, Daevabad» confermò Dara. Gli si offuscarono gli occhi mentre fissava la minuscola città con un’espressione bramosa. «La nostra città più imponente. [...] Le mura stesse splendevano sotto il sole e lla luce si rifletteva sulla superficie dorata come se fosse di... 

《Ottone》bisbigliò. Le massicce mura erano fatte interamente di Ottone, levigato alla perfezione.



A Daevabad Nahri incontra il sovrano e fa la conoscenza dei suoi due figli, Ali e Munthadir, intrecciando in particolar modo un rapporto di salda amicizia con Ali, il secondo protagonista del romanzo. Infatti la narrazione si alterna in capitoli dedicati a Nahri e ad Ali.

Ma Daevabad non è solo una città da sogno, infatti dietro l'apparente perfezione si celano intrighi di palazzo, minoranze non considerate, esecuzioni ed ingiustizie.
Il sovrano vorrebbe nascondere a Nahri i sotterfugi e le cattiverie della corte, ma la ragazza è molto più sveglia di quanto lui creda, e decisa a scoprire i segreti che nasconde la città di Ottone.

Fin dalle prime righe, il romanzo si caratterizza per una prosa magnifica: ricca di dettagli, spesso ipotattica, avvince il lettore impedendogli di interrompere la lettura.
L'autrice riesce a dar vita ad un intero universo dall'atmosfera magica e sospesa.

"Nel silenzio e nella deserta bellezza della neve fresca c'era qualcosa che rendeva più intensa la solitudine."


La città di Ottone è un romanzo con una trama interessante e complessa. Purtroppo quasi metà dell'opera si rivela una lunghissima introduzione, difficile da comprendere prima che tutti i legami fra i personaggi e i vari pezzi della storia vengano spiegati e gli eventi piu' significativi iniziano dopo la metà del libro.
Per quanto intrigante, i vari frammenti della trama vengono presentati troppo lentamente e in maniera forse eccessivamente centinellata; uno stratagemma che a volte aumenta la curiosità, ma in alcuni casi può stancare il lettore.
Tuttavia il testo piacevolmente scorrevole riesce a sopperire alla lentezza della storia e la narrazione intrecciata fra i personaggi di Nahri e Ali diventa un arricchimento.



È apprezzabile il riferimento a numerosi dettagli della cultura araba, come abiti, usanze, piatti tipici. Molti di questi termini non vengono spiegati, oppure ciò avviene molte pagine dopo. Risulta perciò molto utile il ricco glossario in appendice.

Le dettagliate descrizioni permettono di immergersi completamente nei vari ambienti: durante la lettura si ha la sensazione di avere davanti agli occhi le distese scintillanti di sabbia dorata e bollente, di udire i fruscii delle preziose vesti e di sentire odori e sapori.

Nahid è un personaggio dal carattere forte e deciso, una ladra professionista che non esita a derubare il suo salvatore pur di tentare la fuga. Una donna indipendente, che non cerca marito né protezione, ma tenta di costruire da sé il proprio destino, sfruttando il dono di guaritrice e un dono ben più grande che possiede: la sua intelligenza.


Tra lei e Dara c'è un'immediata attrazione, una trasposizione della fiaba di Aladinn in cui però è lei la scaltra ladra e lui, invece di essere un principe, è il genio che la intriga.
Dara, a mio avviso, si rivela un po' deludente come personaggio, a causa dei suoi numerosi comportamenti vagamente isterici che lo fanno assomigliare di più al protagonista di un romanzo YoungAdult per adolescenti che ad un libro fantasy di alto livello, quale aspira ad essere la città di Ottone.

Il principe Ali invece mi ha conquistata. Sono riuscita ad immaginarlo bene grazie alla precisa descrizione dell'autrice.


"Con le mani allacciate dietro 

la schiena e le spalle incurvate, Alizayd portava in giro il suo corpo allampanato come se avesse raggiunto da poco quell’altezza allarmante e ci si stesse ancora abituando. Aveva un viso lungo ed elegante, un viso che si sarebbe persino potuto definire bello, senza quel muso lungo... Oltre alla scimitarra di rame, alla cintura era assicurato un pugnale ricurvo, e le pareva di aver intravisto un altro piccolo coltello legato alla caviglia. Anche lui la osservò con la coda dell’occhio, probabilmente sperando di studiarla alla stessa maniera, ma gli sguardi si incrociarono e lui distolse subito il suo."


Ali apprezza l'acutezza mantale di Nahri. Dopo un'iniziale impressione negativa, ne rimane affascinato e cerca di trascorrere del tempo con lei.

"Gli piaceva davvero l'intelligente Banu Nahida, perché per lui le sue continue domande e le brusche risposste erano una sfida strana e deliziosa."

Il suo personaggio è il piu' approfondito. Nonostante sia giovanissimo e viva in una corte dove la dissolutezza domina sovrana, la sua anima è incorrotta e si indigna dinanzi alle ingiustizie. Sebbene suo padre sia il re, Ali verrebbe comunque punito se fosse scoperto il suo tradimento. Infatti ha usato molto denaro per aiutare la gente più povera di Daevabad, da sempre considerata la feccia della società. Ali è pronto a rischiare la vita pur di restare fedele alle proprie idee, disposto anche al sacrificio di sé stesso, ma incapace di assistere al sacrificio di un altro.

Muntadhir, il futuro re, è apparentemente dedito ai vari piaceri e debole di carattere. In realtà è molto più forte di quanto sembri. Inoltre ama talmente Ali da fare di tutto per proteggerlo e difenderlo dalle ire paterne.
Il legame tra i due fratelli è analizzato in modo approfondito: un rapporto di reciproca stima e affetto, ma intessuto di incomprensioni.

Il linguaggio dell'opera riesce ad adattarsi benissimo alle circostanze: l'autrice sorprende con una penna epica quando narra la storia del principe Ali e riesce invece a diventare frizzante e sarcastica nella narrazione di Nahri, particolarmente brillante nei dialoghi.

La città di Ottone è il primo capitolo di una lunga fiaba orientale e, nonostante presenti alcuni aspetti negativi, piacerà a chi ama la letteratura esotica e desidera perdersi negli odori e nelle ambientazioni di un mondo lontano, affascinante e cruento che ha fatto sognare varie generazioni in tutto il mondo. 









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