martedì 20 luglio 2021

"Vesuvio": Marco D'amore e Francesco Ghiaccio raccontano Napoli


"Vesuvio" è un romanzo di Marco D'Amore - attore, regista, sceneggiatore e produttore,  famoso soprattutto per aver recitato in "Gomorra"- e Francesco Ghiaccio -regista di film di successo e autore teatrale - pubblicato dalla casa editrice Deagostini. 
Il loro sodalizio artistico ha già permesso la realizzazione di opere importanti come il film "L'immortale". 
In "Vesuvio" uniscono di nuovo le loro sensibilità artistiche e comunicative per raccontare una Napoli realistica e cruda, infestata dalle numerose metastasi di un cancro terribile: la malavita. 

La storia si concentra sui continui scontri tra Federico Licata e Assunta Brando, due tredicenni napoletani che, rispettivamente a capo delle loro piccole bande, si fanno scherzi spesso decisamente di pessimo gusto. 
Federico e Susy, però, non sono due normali tredicenni. Sono i figli dei due boss malavitosi più potenti di Napoli, destinati a battersi in uno scontro perenne e spietato dal quale solo uno di loro risulterà vincitore. E così le liti fra i due adolescenti perdono la loro connotazione goliardica e assumono i contorni di una lotta per la sopravvivenza, una guerra senza esclusione di colpi dove si spara o si viene sparati e di cui loro stessi, pur essendone protagonisti, comprendono a stento la gravità.

"Federico e Susy vivono in uno spazio e un tempo tutto loro, a mille all'ora, come vorrebbero vivere tutta la vita."

Una provocazione di Federico a danno di Susy durante la sua festa di Cresima, reputata come un'offesa particolarmente grave dalla famiglia Brando, fa scoppiare una guerra tra i due potenti gruppi criminali. Susy è costretta, per la sua incolumità, a scappare da Napoli e recarsi a Milano. Federico, sentendosi offeso nell'onore per non aver avuto definitivamente la meglio su di lei, decide di non poter tollerare l'umiliazione, perciò si trasferisce a Milano, autoinvitandosi con la forza presso uno zio che non ha mai conosciuto. Deve vendicarsi, o perderà la sua credibilità. Ma adattarsi alle regole di un mondo che non ha scelto è davvero l'unica opzione che ha? 

Federico, soprannominato Vesuvio, è un ragazzo pieno di rabbia, una potenziale bomba distruttiva, proprio come il vulcano da cui deriva il suo soprannome. E' un adolescente abituato a combattere con gli unici strumenti che conosce, messi a sua disposizione sin da bambino: violenza e prepotenza. Il padre gli ha insegnato a non chiedere mai permesso, a non scusarsi mai, ad esigere rispetto in ogni situazione ma senza concederlo a nessuno. Perché lui è un Licata. 

"Suo padre gli ha insegnato a non bussare. Se entri in un posto dove non ti aspettano, non bussare perché se bussi è come se chiedi permesso come un fesso qualsiasi, diceva. 
Così Federico in tutta la sua vita non ha mai bussato, mai, contro nessuna porta."

Gabriele, lo zio presso cui si rifugia Federico, è una persona completamente diversa dalle persone con cui il ragazzo è abituato a vivere: un umile panettiere che conduce un'esistenza semplicissima, anonima, quasi banale. Eppure sembra soddisfatto così, nella sua riservatezza, anche se la paura ha costruito intorno al suo cuore un muro di timidezza che, come gli fa notare Federico, dovrebbe abbattere per riuscire a godere di tutte le opportunità che la vita ha da offrirgli.
Gabriele, a sua volta, comprendendo la confusione adolescenziale del nipote, vorrebbe aiutarlo e cercare di fargli capire che, se vuole, può diventare un uomo migliore di suo padre. 

"Lotto per cambiare. L'ho fatto dal primo giorno che sono venuto qui, quando ho deciso di lasciarmi alle spalle il mondo da cui veniamo, e che mi fa schifo, Federico. - Gabriele allunga una mano sulla spalla di Vesuvio, la tocca, la stringe. -Per vivere così ci vuole più coraggio di quanto pensi. Molto più di quello che tu e tuo padre pensate di avere. Voi avete paura, per questo attaccate, per difendervi. La conosco anche io quella paura, era anche la mia, ma adesso non più. - 
(...)
-Il bene che vuoi a tuo padre non deve rovinarti la vita, non deve farti diventare quello che non sei. La nostra vita è sacra. (...) -Siamo puri, ma dobbiamo essere forti e difenderci per non tradire quello che siamo. -"

Federico però non riesce a vedere un mondo diverso, non concepisce una realtà possibile, alternativa a quella che vive: non è sempre d'accordo con suo padre ma non oserebbe mai disobbedire ad un suo ordine, ha imparato a rispettare la parodia di disciplina riveduta e corretta da Gennaro Licata, regole al contrario che non ha mai messo in discussione. Ma che, senza accorgersene, si sono trasformate nel suo inferno personale.

"Noi abbiamo la guerra in testa" dice Federico, quasi per giustificarsi, quando lo zio gli propone di scegliere una strada diversa. Una giustificazione perfetta per far ricadere la responsabilità di ciò che è -e di chi teme di non poter essere- su un fattore esterno da sé, parole che denunciano la sua paura del cambiamento.

Assunta Brando, detta Susy ha il sogno di cantare e ci crede con tutta sé stessa. Desidera studiare musica e scrivere canzoni, intende usare la sua voce per far sorridere la gente e non per comandarla. 
Susy intriga Federico perché, essendo anche lei figlia di un boss, non ne teme l'autorità. E' la sola a sfidarlo, perciò lui non potrebbe non odiarla. Eppure, l'odio di Federico nei confronti di Susy è un sentimento insicuro, dettato più da un imperativo esterno che da una motivazione intrinseca. Il suo è l'astio di chi ha conosciuto solo un mondo in bianco e nero, ed è convinto di non potersi permettere un sogno a colori, di cui invece Susy gli prospetta la concreta possibilità. 

La prosa, paratattica e d'impatto, risulta particolarmente coinvolgente. Inoltre molte frasi, soprattutto frammenti di dialoghi, sono in dialetto napoletano, stratagemma che riesce ad attribuire maggiore tridimensionalità ai personaggi, accompagnati sempre dalla traduzione italiana per facilitarne la comprensione anche a chi non è della zona. 

Immaginare la sconfitta della malavita è utopia? Forse, ma ciò che gli autori intendono evidenziare - verità ineccepibile - è che un microcosmo corrotto sopravvive solo grazie alla connivenza e può essere abbattuto soltando se viene rifiutato dai suoi stessi membri, annientato dall'interno. 

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