giovedì 19 novembre 2020

BlogTour: "Matto come un cappellaio" - La vera storia del Cappellaio Matto


Capelli strambi, un vistoso cappello, abiti colorati, occhi allucinati, sorriso folle: queste le caratteristiche della figura, fortemente radicata nell'immaginario collettivo, del Cappellaio Matto, uno degli iconici personaggi di Alice nel paese delle Meraviglie, opera nonsense scritta da Lewis Carrol. 
Lo immaginiamo così soprattutto grazie ai disegni di John Tenniel, illustratore dell'opera originale (l'unico i cui disegni siano stati apprezzati dall'autore, il quale dichiarò che rispecchiavano perfettamente lo spirito della sua opera.)

Ad aumentarne la fama ha contribuito sicuramente anche Johnny Depp, l'attore che ne ha intepretato il personaggio nei film Disney, regalandocene una versione estremamente spumeggiante.
Nel secondo film Disney, "Attraverso lo specchio" che si ispira al sequel di Lewis Carrol (tuttavia distaccandovisi molto) il cappellaio è triste e malato, decisamente diverso dall'immagine simpatica che abbiamo dipinto nella nostra mente. 


Eppure, sembra essere proprio questa l'immagine più rispondente alla realtà: perché il personaggio del Cappellaio Matto ha effettivamente agganci con reali figure storiche, e -come gran parte dei personaggi che costituiscono il variopinto ed assurdo mondo di Lewis Carrol- la sua non è una bella storia.

Volendosi attenere strettamente al testo del romanzo, il cappellaio non viene mai definito "matto" (non esplicitamente ma implicitamente sì; infatti proprio lo stregatto spiegherà che, nel Paese delle Meraviglie, sono tutti matti, affermazione che annovera certamente il personaggio di cui parliamo).

Del resto, il comportamento del cappellaio nei libri è molto strano. Egli infatti, rivolgendosi ad Alice, sembra essere un individuo estremamente bipolare, capace di mostrarsi gentile un momento e odioso subito dopo, senza che niente giustifichi questo repentino cambiamento d'umore. 

I cappallaii erano certamente matti, infatti un famoso detto del Diciannovesimo secolo usato per riferirsi a qualcuno che manifestava un comportamento strambo, era "è matto come un cappellaio" (Mad as a Hatter).

Ma perché i cappellai erano matti? 
A causa del loro lavoro: i cappellai, nella loro attività di colorazione di tessuti dei cappelli, si esponevano per molto tempo a numerose sostanze tossiche, in particolare alle dannosissime esalazioni di mercurio. 

L'esposizione a questa sostanza tossica per il corpo umano comportava, sul lungo periodo, un vero e proprio avvelenamento, il quale causava tremori ed un umore lunatico, caratteristiche che faceva sembrare i cappellaio "folli" agli occhi degli altri. 

Questi disturbi, non compresi dalla medicina dell'epoca, prendevano appunto il nome di "mad-hatter disease", poiché soltanto loro lo presentavano. 

Il mercurio era un elemento essenziale ed inevitabile per fabbricare il feltro, poiché solo grazie ad esso era possibile trattare le pelli degli animali e separare da esse il pelo. 
Il feltro poi veniva modellato e il cappello così ottenuto era rivestito di tessuto. Ma, prima della questa fase di rivestimento, i cappellai spesso provavano sulle loro stesse teste i cappelli, e ciò danneggiava persini i loro capelli, dandogli una colorazione arancione, proprio come nel cappellaio di Tim Burton. 

Un altro elemento che ha evidenziato Tim Burton nel suo "cappellaio" è la particolare colorazione degli occhi.
Si trattava di un mutamento causato dalla malachite, una pietra dura di colore verde che veniva polverizzata e usata per tingere il feltro. Le esalazioni di questa sostanza avevano conseguenze terribili, quali nausea, confusione, depressione e difficoltà respiratorie. 
E la cosa più strana: le pupille dei loro occhi si dilatavano molto, assumendo un inquietante colore verde. 
Ecco dunque spiegati i verdi e allucinati occhi del cappellaio.


Inserendo questo personaggio nella sua opera Lewis Carrol ha forse voluto dare il proprio contributo alla critica di una società in cui i nobili sfoggiavano un lusso che veniva realizzato da altri con sofferenza? 

Certamente, nei personaggi presenti in un libro si possono vedere tante metafore e significati nascosti.
E ciò è ancora di più vero per le opere di Carrol, di cui non capiremo mai -purtroppo, o forse è bene che sia così- tutti i sottosensi celati fra le righe della cripitica prosa e delle stravaganti poesie.

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