"Mi chiamo Hercule Poirot, e sono probabilmente il miglior detective del mondo."
Così si presenta Kenneth Branagh, nelle vesti del noto investigatore belga nato dalla penna della regina del giallo Agatha Christie, nel film del 2017 in cui prende vita sul grande schermo "Assassinio sull'Orient Express", probabilmente uno dei romanzi più noti dell'autrice, dopo "Dieci piccoli indiani". Un losco uomo d'affari, Samuel Ratchett, viene trovato ucciso nella propria cabina ed Hercule Poirot, casualmente in viaggio sul suo stesso treno, diretto a Londra, viene invitato a risolvere il caso. Non sembra difficile, dal momento che la scena del crimine è piena di prove che sembrano voler orientare i sospetti verso uno sconosciuto, salito a bordo durante una sosta forzata causata della neve. Ma il detective non crede a quest'ipotesi e inizia la propria meticolosa indagine che, rimbalzando da un passeggero all'altro, lo porterà a scoprire che tutti avevano buone ragioni per uccidere la vittima. Inchiodare il colpevole sembra impossibile, ma non per Poirot il quale, con la sua mente analitica e la spiazzante calma, risolverà il caso senza problemi.
Il film non riesce a restituire lo spirito del libro, né del protagonista. La calma del personaggio letterario diventa freddezza nel Poirot cinematografico, e l'atmosfera misteriosa del romanzo si fa cupa nel film.
Vari personaggi sono stati cambiati e sono presenti scene d'azione assenti nel libro. Inoltre, per chi non abbia letto prima l'opera letteraria, il film non risulta chiaro.
Tuttavia la storia, pur distaccandosi dal romanzo, ne mantiene le basi originali, e potrà intrigare gli appassionati del genere.
Al di là delle differenze fra film e libro, la vera potenza di questo racconto sta nell'idea: "Assassinio sull'Orient Express" non si limita a descrivere un classico giallo della camera chiusa, ma dà vita ad un dramma morale, mettendo a confronto legge e giustizia umana, ponendo Poirot dinanzi ad una scelta in cui cervello e coscienza sono in disaccordo. Poirot sorprenderà con la propria umanità, profonda almeno quanto il suo intelletto, lasciando una domanda nello spettatore o nel lettore: cosa avrebbe fatto al suo posto?
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