lunedì 23 marzo 2020

"La vedova bianca" di Fran



"Hai appena fatto un errore grossolano: identificare i nostri spettatori con gli aspiranti concorrenti di questo specifico show. 
Sì, è probabile che ai castung si presenteranno schiere di ultratrentenni stempiati e diafani, con grossi problemi relazionali e uno zainetto sdrucito in spalla. Cioè esattamente il tipo di nerd che ti aspetteresti di incontrare a una fiera del fumetto, mentre fruga tra le bancarelle dell'usato. Oppure cerca di vendere un brutto libricino illustrato la cui stesura lo ha tenuto sveglio nella sua cameretta per intere nottate, allargando ulteriormente la crepa che lo separa dalla vita adulta e da un lavoro rispettabile. Ma non è questo che ci interessa. Perché il target di questo show e di altre decine di programmi simili trasmessi da questa stessa rete è uno solo: la frustrazione dello spettatore.
L'alienazione mentale di decerebrati che sognano di diventare famosi, per passare le proprie serate nei privé di qualche locale esclusivo. 
L'insoddisfazione di casalinghe represse che vorrebbero vedere la loro pastasciutta elogiata da uno chef a sei stelle. 
Il disperato desiderio di rivalsa provato da chiunque sia convinto di saper fare qualcosa, qualsiasi cosa, meglio di qualcun altro. Ovvero, tutti. 
È di questo che ci nutriamo. Ed è questo il pensiero che vogliamo suscitare in chi guarderà il promo e correrà a iscriversi ai provini:
《Anche tu potresti essere un vincente. Anzi, lo sei. Anzi, lo sarai se lo dimostrerai agli altri. E l'unico modo per dimostrare qualcosa agli altri è mettersi in mostra. Darsi in pasto a quanta più gente possibile, e sgomitare per riuscire ad arrivare sotto l'occhio di bue. Oppure morire nel tentativo.》"




Ormai si organizzano reality per quasi ogni tipo di figura professionale: cuochi, cantanti, ballerini, persino scrittori. 
E se un'emittente televisiva avesse l'idea di un reality show in cui i protagonisti sono disegnatori di fumetti? Progetto apparentemente bizzarro che tuttavia incontra il favore del pubblico, anche grazie al polverone mediatico sollevato dalla morte di uno degli artisti che avrebbe dovuto parteciparvi. 
Il suo personaggio, una fatina, viene usato come logo del programma, che tuttavia non riesce a prendere vita perché, al momento di girare, la misteriosa sparizione di tutti i copioni e dei progetti grafici degli artisti impedisce le riprese. 
In un susseguirsi di eventi aghiaccianti, la storia si svolge sotto gli occhi del lettore che, basito, può rivedere nelle vignette di Fran i meccanismi degli ambienti televisivi ed il perverso funzionamento dei social, che sfrutta i desideri di successo e protagonismo che ormai accomunano gran parte delle persone. 
Si è disposti a qualsiasi cosa pur di avere un minuto di celebrità, eppure i sentimenti del pubblico sono falsi e manipolabili, il mondo dello spettacolo, dopo un po', non ricorda neppure il tuo nome. 
Su tutti si muove lo spettro della fatina dell'artista deceduto, che si sposta sulla scena come un'inquietante presenza, cantando melodie - come "La vedova bianca" degli Afterhours- che fra le sue labbra diventano tetre nenie, ancora più turbanti quando sono filastrocche per bambini, come la sigla di Johnny bassotto. 




Le tavole, che ricordano i disegni per bambini, ricalcando il mondo colorato di Steven Universe, stridono con l'amara materia narrata. 
Fran, con la sua storia, affronta infatti un argomento non facile- lo sfruttamento degli artisti - che le sta molto a cuore ed esibisce, attraverso contrasti geniali, contraddizioni e sottili frecciatine, il mondo contemporaneo, una realtà gelida fatta di emozioni artificiali e reazioni preconfezionate. 
Un mondo tetro e disturbante, apparentemente colorato ma in realtà grigio e cupo, che punta a deumanizzare l'essere umano e renderlo privo di empatia. 
Non c'è salvezza: per essere qualcuno bisogna vendere l'anima al denaro.





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